Otello al “Maggio”. Sul podio un imperioso Zubin Mehta, in un allestimento alla bell’e meglio. E un pubblico sbracato

FIRENZE, domenica 21 maggio ► (di Carla Maria Casanova) – Mentre è in atto il convegno internazionale Callas “La fiamma possente”, magistralmente condotto da Giancarlo Landini e Giovanni Vitali (3 giorni, 15 super interventi e la prima assoluta di un film-documentario), il cartellone del Maggio Musicale Fiorentino segnala un Otello verdiano diretto da Zubin Mehta, seconda opera della breve stagione sopravvissuta al declino del sovrintendente Alexander Pereira e mantenuta con coraggiosa correttezza dal subentrato commissario Onofrio Cutaia.
Allora, naturalmente, si va anche all’Otello. Personalmente, dato uno sguardo al cast, il nome che mi sollecitava interesse era uno solo: Anastasia Bartoli, a me totalmente sconosciuta finché non mi era stato precisato: si tratta della figlia di Cecilia Gasdìa.
Ohibò, questa la devo sentire. Sapevo di una grande voce. Ricordavo, alcuni anni fa, quando Cecilia disse alla figlia: “Sì, la voce c’è, ma per adesso devi solo studiare. E molto.” Ora deve aver studiato. È tra l’altro reduce dalla donna Elvira del Don Giovanni di cui sono appena terminate le recite, sempre al Maggio. Mi dicono bene. Ma Desdemona non è uno scherzo.
Poi vengo avvertita: «Niente Bartoli. Era stata “presa” da Pereira, ma ha rinunciato. La sostituisce una russa, molto brava: Zarina Abaeva». Mai sentita. Dalle note biografiche del programma risulta che ha cantato solo in Russia. Il curriculum dice che nel 2019 è stata invitata, non si precisa dove, come solista della New Opera di Mosca. Quindi mi pare debutto assoluto fuori patria. Data di nascita assente. Nonostante la giovanile bella foto, oso dire sulla quarantina. Speriamo bene.
Entrando in teatro, avevo sentito uno spettatore dire con orgoglio “Per preparami, mi sono risentito il disco di Del Monaco e Tebaldi.” Ho osato dirgli “No! Questo non lo deve fare assolutamente. I mostri sacri sono estinti. Per ben che vada, sentirà un’altra opera.”
E un’altra opera è stata.
Per esempio, è mancato Otello. Arsen Soghomonyan (Yerevan 1983), debutto di tenore dopo una esperienza come baritono, ha voce scura con alcune incursioni nel registro tenorile ma il canto non svetta e il suono corre poco. “Esultate!” (E chi esulta?). Manca poi il carisma del grande condottiero, vedi Domingo, voce dal colore baritonale ma grande condottiero certamente sì.
Zarina Abaeva canta con grande proprietà, anche linguistica. Perfetto italiano. Bei filati. Però totale assenza di presenza fisica e un gestire approssimativo, vedi titubante. Inoltre, i costumi nei quali è stata infagottata, e che lei non riesce a portare con la dovuta noncuranza, rasentano il travestimento burlesco.
Il nostro Luca Salsi, oramai onnipresente, ha cantato per l’ennesima volta il suo Jago, scandendo con diligenza il maligno personaggio, al quale ha impresso anche una controscena molto precisa (un po’ calcata). La voce è tanta e bella. Verdi gli sta bene in questo tipo di personaggio.
Cassio, Joseph Dahdah, tenore libanese classe 1992, ha soprattutto il pregio (sempre utile) di parlare 5 lingue e cantare in otto. Ha partecipato a molte masterclass e fa parte ora dell’Accademia del Maggio. L’età gli permetterà di approfondire il suo repertorio.
Sul podio il venerando Zubin Mehta, un po’ affaticato. Non abbastanza però per mitigare una imperiosa sonorità orchestrale, trasmessa con veemenza anche al Coro del Maggio Musicale.
Lo spettacolo era nato nel 2020, in pieno Covid, quindi non si può pretendere. Scene (di Guido Fiorato) a tralicci, per consentire le insopportabili necessarie distanze. Scarsi riferimenti a luogo ed epoca in cui l’azione si svolge (qui isola di Cipro, fine secolo XV) indicazioni oggi sempre più spesso disattese. I costumi di Gianluca Falaschi potrebbero rapportarsi a qualsiasi tempo: i protagonisti vestono anni ’50, il coro indossa costumi vagamente ciprioti, certi armigeri calzano l’elmo, l’ambasciatore della Repubblica veneta è in smoking.
Ho sentito dire: “Operazione inutile” (questo Otello). D’accordo, ma allora che si fa? Si chiudono i teatri? Dopo tutto, si può sempre sperare che qualcosa succeda, prima o poi.
L’opera, che ha avuto successo, è data in due atti con un intervallo. Durata complessiva tre ore. Sopratitoli italiani e inglesi. Repliche 23, 26, 31 maggio, ore 20.
Una nota: possibile che il pubblico fiorentino venga all’opera come se andasse allo stadio? Voglio dire sbracato, con borsoni, felpe, impermeabili e la bottiglietta dell’acqua?
Speriamo che l’estate non ci porti in sala la canottiera.