PESARO, venerdì 12 agosto ► (di Carla Maria Casanova) – Terzo e ultimo titolo del Rof 2022: Otello, in scena all’Arena Vitrifrigo. Forse, visto il successo, sarebbe stato opportuno darlo in apertura del Festival.
Dopo il primo spaesamento, che il titolo rossiniano genera, se ci si rifà a quello di Verdi – ma che opera è? Non si saranno sbagliati con la Lucia (di Lammermoor)? – Otello ha “preso” l’uditorio. Obbligatorio dimenticare Verdi. Dimenticare l’“Esultate”, “Già nella notte densa”, e tutto ciò che segue. Qui, al più ci si aspetta “Chi mi frena in tal momento?” e siamo comunque fuori strada.
Nell’Otello rossiniano protagonista è Desdemona. Otello nel primo atto è molto defilato. Anche sul piano musicale non ha vita facile: deve combattere con ben altri due tenori (Rodrigo e Jago). Con Rodrigo, presunto rivale, ha uno scontro vivacissimo. Riesce infine ad avere la meglio nel terzo atto, duellando all’ultima nota. Desdemona prevede, fin dall’inizio, funeste conseguenze del suo amore per il Moro, amore tenuto nascosto perché fieramente ostacolato da suo padre e quindi via con maldestri stratagemmi per tentare di farla franca. Ma Otello è geloso e sarà lui la prima vittima degli intrighi, con il risultato che si sa. Un ruolo rilevante l’ha Emilia, confidente molto vicina a Desdemona.
Lo spettacolo del Rof, affidato a Rosetta Cucchi, si svolge nell’usata cifra della regista, che predilige il sociale, con violente denunce di femminicidio, tema su cui ritorna nel finale facendo sfilare in scena 20 donne insanguinate, di cui pochi in sala afferrano il significato. Rinuncia anche, la Cucchi, all’Otello moro, divenuto un bianchissimo ufficiale molto decorato (anche per distinguerlo dagli altri due tenori). Arbitrio però fuorviante. Come non vestire Madama Butterfly con il kimono. Pazienza.
L’idea della Cucchi persegue non tanto il fatto storico quanto quello del disagio psicologico generato dalle divergenze delle diverse classi sociali. Tutti hanno qualcosa da rivendicare o motivo per sentirsi emarginati. Da dove ritorsioni, invidie, gelosie, violenze. È una scelta accettabile. Da qui in avanti lo spettacolo (scene di Tiziano Santi, costumi di Ursula Patzak) si snoda su una linea quasi tradizionale, venendo anzi a incontrarsi con scene tipiche della lirica tradizionale, da Traviata a Rigoletto, Fedora…
Si inizia con una gran festa allestita dal papà di Desdemona per le nozze della figliola, compreso lo sposo già bell’e pronto. Ma lei ha giurato eterna fè al Moro, che irrompe sul più bello. Lei giura che ama lui ma lui non le crede, sobillato da false prove del perfido Jago (qui una lettera d’amore, non il fazzoletto). Otello si inc…arrabbia moltissimo, sfida il presunto rivale e alla fine uccide Desdemona senza troppo tergiversare, non credendo alla sua accorata difesa. Sopraggiungono di gran carriera il papà e l’innamorato respinto i quali, scoperta la verità, proclamano di acconsentire senza fallo alle nozze di Desdemona con il Moro (si fa per dire). Troppo tardi. A questo punto a Otello non resta che trafiggersi con una spada.
Di chi sia la colpa non so (sempre del librettista?). Certo è che nessuno, di tutti questi personaggi, suscita un niente di simpatia. Sono cinque imbecilli che fanno bene a togliersi di mezzo.
Però, siamo sempre lì: c’è la musica. Che musica! Si sa che la partitura, per ripensamenti dello stesso Rossini, subì confusioni, rimescolamenti, cambi, sostituzioni. Alla fine, le arie furono decise. È il 1816, anno intenso per il Musicista, dal Barbiere di Siviglia (febbraio) al contratto per la Cenerentola, alle Nozze di Teti e di Peleo, a La Gazzetta e infine (dicembre) all’Otello, tornando con mano felicissima al genere serio. Per la prima volta Rossini compone un’opera in tre atti (si era sempre fermato a due, magari uno). Atti piuttosto squilibrati nella loro lunghezza.
Lo spettacolo del Rof accorpa gli ultimi due, con un solo intervallo, per complessive 3 ore e 15 minuti. È tutto un furore di eventi che si accavallano con intensità, con momenti lirici riservati a Desdemona (“Inutile è quel pianto”, “Lasciami, è dunque vano”, “Ah, dagli affanni oppressa”, Canzone del salice). A interpretarla è il soprano Eleonora Buratto, scelta da Muti per varie produzioni. Attiva anche nel repertorio verdiano, la Buratto ha svettato qui in agilità sorprendenti. Le sta accanto Adriana di Paola (Emilia) mezzosoprano di voce importante. I tre tenori hanno parti al limite dell’accessibile. Sono: Otello (Enea Scala), Rodrigo (Dimitry Korchak), Jago (Antonino Siragusa). Si comportano da fuoriclasse, ognuno centrando la parte, anche Siragusa, con quel timbro un po’ acidulo che perfettamente si addice alla perfidia di Jago. Elmiro (il padre) è un ottimo Evgeny Stavinsky, se pur rimane indimenticabile il sontuoso Ramey (edizione 1988).
Menzione entusiastica per il direttore Yves Abel, con il suo piglio eroico mai venuto meno a capo dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.
Coro del Teatro Ventidio Basso diretto da Giovanni Farina.
Dell’esito della serata si è detto: trionfale per tutti.
Rossini Opera Festival 2022 – Arena Vitrifrigo – “Otello”, di Gioachino Rossini, dramma per musica in tre atti di Francesco Berio di Salsa. Direttore Yves Abel. Regia Rosetta Cucchi. Scene Tiziano Santi. Costumi Ursula Patzak. Interpreti: Enea Scala, Eleonora Buratto, Evgeny Stavinsky, Dmitry Korchak, Antonino Siragusa, Adriana Di Paola, Julian Henao Gonzalez, Antonio Garés. Coro del Teatro Ventidio Basso. Maestro del Coro Giovanni Farina. ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI. Nuova produzione.
Repliche: 14, 17, 20 agosto ore 20.