“Paella” di corpi recitanti. In nome del dissenso E il pubblico è coinvolto in ministorie personali, tra passato e presente

MILANO, venerdì 15 settembre ►(di Andrea Bisicchia) Il CRT è ritornato a vivere, la sua inaugurazione, con “Guerrilla”, del gruppo spagnolo El Conde de Torrefiel, è coincisa con l’inaugurazione della mostra dedicata a Sottsass, con la Triennale stracolma, come dire che Milano risponde ai grandi eventi. Lo spettacolo, che si avvale della regia di Tanya Beyelere e della drammaturgia di Plabo Gisbert, è abbastanza simile ad altri spettacoli, tipo “L’Ethica” di Castellucci, che utilizzano la parola proiettata e non recitata, con dei corpi che, non certo di attori, bensì di persone comuni, chiamati a riempire uno spazio tripartito che vede, nella prima parte, una ottantina di sedie, dove, alla chetichella, arrivano delle persone per ascoltare una conferenza che ha per oggetto l’idea di teatro di Angela Liddell.
In verità, la conferenza è un pretesto perché, tra le persone sedute, alcune hanno inviato della storie personali o familiari, diventate oggetto della drammaturgia, che verranno  proiettate. Il pubblico lo si intende coinvolgere col fatto che è diventato autore di “pillole” del proprio passato e presente, si leggono brevi storie di partigiani, di Brigate Rosse, del delitto Moro, cose risapute.
Nella seconda parte, vediamo un’insegnante che fa lezioni di Tai Chi a delle allieve che accennano a dei brevi movimenti, mentre viene proiettata la storia di due amici che si chiedono perché non si desidera più fare l’amore sotto la doccia.
Nella terza parte assistiamo a un rave party, con musica elettronica assordante. Mentre tutti ballano spensieratamente, sullo schermo leggiamo delle previsioni apocalittiche su una possibile guerra che dovrebbe scoppiare nel 2023, che vede in primo piano Russia, Cina, India, Corea del Nord, con tutte le conseguenze immaginabili.
Qualcuno sostiene che il Gruppo spagnolo si muova in un’area postdrammatica, teorizzata da Lehmann nel 1999, vent’anni anni dopo il testo di Lyotard su “La condizione postmoderna”, 1979, dove si sosteneva che, solo col dissenso, si produce il sapere. In teatro, il dissenso lo abbiamo vissuto proprio durante questo ventennio, attraverso la rivoluzione linguistica di Testori, la rivoluzione formale dell’Avanguardia Romana e quella dei canoni estetici con Milano Novanta.
Al confronto, il dissenso estetico o ideologico di oggi sembra poca cosa, visto, per quanto riguarda lo spettacolo in oggetto, alcuni dei testi proiettati, riportano interi periodi presi  in prestito da una bibliografia sociologica non citata e, a volte, infarcita di luoghi comuni. Si tratta di una tipologia di linguaggio che in bocca agli attori non diventerebbe mai azione e che, pertanto, deve accontentarsi della proiezione con cui cerca di comunicare un disagio, oltre che un dissenso. Coinvolgere il pubblico è diventato anch’esso un luogo comune, meglio insultarlo, per farlo riflettere, come aveva fatto nel ’69 Peter Handke.

“Guerrilla”, ideato da El Conde de Torrefiel. Al CRT di Milano