Partire da cento. Come in Dante e Boccaccio. Per “leggere” la letteratura in chiave matematica. Verso l’infinito e oltre

(di Andrea Bisicchia) – Marco Antonio Bazzocchi insegna Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea nell’Università di Bologna. Nel suo libro, “Cento, un grattacielo di racconti”, edito dal Mulino, ha scelto una metodologia di ricerca che sta tra l’accademico e la divulgazione, nel senso che utilizza il cento, ritenuto un numero perfetto, per indagare delle Opere che si caratterizzano per la particolare numerazione, capace di contenere, appunto, “un grattacielo di racconti”, come accade nel “Novellino”, nel “Decameron”, nei cento canti della “Commedia”, nella “Centuria” di Manganelli e  in “La vita istruzione per l’uso” di Perec, un romanzo ambientato in dieci piani e in cento stanze.
L’autore ha deciso di far ricorso ai numeri non certo per contare, ma per raccontare, in forma libera, e con scelte ben determinate, un modo di “leggere”, il cui fine vorrebbe essere la dimostrazione matematica di un metodo d’indagine applicato alla letteratura. Così come Dante aveva scelto, come guida del suo viaggio, Virgilio, Bazzocchi sceglie Manganelli, quello di “Centuria” (1979) che Calvino aveva definito un libro straordinario. L’intento di Manganelli fu opposto a quello di Dante che fece ricorso al numero cento per riunire i suoi canti, attraverso i quali indicare un cammino che dalle tenebre portasse alla luce, mentre nei miniracconti di Manganelli, il cammino è proprio inverso, benché entrambi abbiano pensato alla stessa cosa, ovvero riuscire a tenere insieme una molteplicità di argomenti.
Il numero cento, pertanto, acquista il valore di un collettore, benché il percorso, a cui tende Bazzocchi, si manifesti come il risultato di un “impulso immaginativo”, di cui, come esperto di letteratura, cerca di dare delle spiegazioni critiche delle Opere citate che esula da quelle tradizionali, alternando la ricerca filologica con delle esegesi alquanto originali.
Per esempio, quando scrive del “Novellino”, non dimentica di citare i vari codici dai quali deriverà nel Millecinquecento l’edizione a stampa, sottolineando che la raccolta mostra generi diversi, tanto che esamina la novella XXXI proprio perché l’argomento riguarda il come saper raccontare che, secondo l’autore anonimo, deve utilizzare l’arte dell’intrattenimento, condita con un po’ di astuzia.
Bazzocchi aggiunge che è inutile andare a cercare, nelle novelle, quelle qualità psicologiche e quella costruzione dei caratteri che troveremo nel Decameron, di cui analizza la prima e l’ultima novella, quella di Ser Ciappelletto, blasfemo e menzognero, che mette in contrapposizione a quella di Griselda, modello di virtù, con la quale riesce a sconfiggere un marito crudele che l’aveva scelta, povera e vergine, per poterla avere tutta per sé, ricorrendo a dei sotterfugi che fanno pensare a quelli di Argante nella “Scuola delle mogli” di Molière.
Per quanto riguarda la “Commedia”, le sue prime attenzioni riguardano i mostri che Dante incontra nel suo viaggio, da Cerbero a Pluto, a Nembrot, a Minosse, a Flegias, alle Furie, a Satana, per dimostrare la paura e le debolezze del Vate che gli saranno rimproverate da Beatrice.
Bazzocchi, nella sua analisi, segue alcune indicazioni date dal Boccaccio nel “Trattatello”, secondo il quale i cento canti servono a Dante per distinguere: “la varietà del racconto, così come gli occhi distinguono i colori e le diversità delle cose che vediamo”, la “Commedia” è, dunque, uno strumento per vedere la realtà, un potere che appartiene soltanto agli occhi, come i cento occhi di Argo.
Il cento si può anche “abitare”, come accade in “La vita istruzione per l’uso”, dove Perec ha messo in atto una decina di regole che, moltiplicate, arrivano a cento, come le cento stanze, o lo si può anche utilizzare per provare le vertigini del protagonista di “Centuria” nel suo volo che, dal centesimo piano di un grattacielo, lo porterà sulla terra.
Insomma il cento non è altro che un giuoco meccanico di numeri che possono arrivare all’infinito, come ricorda Barrow in “Infinities”, messo in scena da Ronconi, dove distingue l’infinito matematico dall’infinito trascendentale.

Marco Antonio Bazzocchi, “CENTO. UN GRATTACIELO DI RACCONTI”, Il Mulino 2022, pp.176, € 12
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