Potrà anche non essere dimostrabile l’esistenza di Dio, ma tutto è modulato secondo un disegno che porta alla vita

aczel cop 2(di Andrea Bisicchia) Nel momento in cui i non credenti sostengono che il sacro stia vivendo una eclisse particolare, studiosi di varie discipline cercano di conoscere e far conoscere quale possa esserne il motivo, interrogandosi sul rapporto che esiste tra scienza e fede o tra teologia e politica, attraversando un campo d’azione illimitato, proprio perché illimitati sono gli argomenti oggetto di discussione. Sono in tanti a chiedersi quale possa essere il rapporto tra teologia e politica nella società di oggi e se la religione sia ancora un fattore di coesione sociale. L’editore Cortina, da alcuni anni, pubblica volumi di eccellenti studiosi che hanno affrontato il problema dal punto di vista della filosofia del diritto: Hans Kelsen, “Religione secolare”, delle scienze cognitive: Daniel Dennet, “Rompere l’incantesimo, la religione come fenomeno naturale”, della filosofia analitica: Robert Audi, “La razionalità della religione”, della psicologia sociale: Ara Norenzaym, “Grandi Dei. Come la religione ha trasformato la nostra vita di gruppo”.
La recente pubblicazione di: “Perché la scienza non nega Dio”, di Amir D. Aczel, sempre di Cortina, si inserisce in un più’ampio studio sul rapporto tra scienza e fede, tra credenti e non credenti, tra teismo e ateismo. L’autore si scontra con i nuovi atei, sostenendo la tesi che, se la scienza non è riuscita a fornire né la prova dell’esistenza, né quella della inesistenza del Creatore, questo non vuol dire che Dio non esista. In verità, si tratta di ambiti di ricerca diversi, benché si possa avanzare l’idea che scienza e spiritualità possano essere parte integrante nella scoperta della verità.
Aczel passa in rassegna gli scienziati che hanno negato l’esistenza di Dio, da Sam Harris, “La fine della fede: religione, terrore e il futuro della ragione”, Richard Dawkins, “L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere”, Lawrence M. Kraus, “L’universo dal nulla” e il già citato Dennet. In quindici capitoli, egli tenta di ribaltare la posizione dei negazionisti, attraverso un’analisi storica che, partendo dalla nascita delle religioni, in concomitanza con la nascita della scienza, quando nulla poteva ancora essere dimostrato e quando, entrambi, procedevano di pari passo, perviene a delle conclusioni che, basandosi su ricerche archeologiche e storiche, oltre che scientifiche, cerca di dimostrare come, sia l’evoluzionismo, sia la teoria della relatività generale, che della meccanica quantistica o del bosone di Higgs, conosciuto come “particella di Dio”, non siano sufficienti per l’indimostrabilità di Dio, e che la scienza non può negare l’esistenza di un Principio intelligente.
In verità, gli stessi fisici, dinanzi ai meccanismi dell’universo, dal Big Bang al Principio antropico, dall’evoluzionismo alla teoria della relatività, non hanno offerto spiegazioni sufficienti circa l’assenza di Dio, tanto che si può dedurre un semplice assioma, secondo il quale la scienza non può affermare né negare Dio, poiché ad essa manca la conoscenza di base per spiegare i più importanti e resistenti misteri della creazione. Aczel, per rafforzare la sua tesi, sostiene che non sappiamo chi abbia causato il Big Bang e chi lo abbia preceduto, sappiamo soltanto che “tutte le costanti della natura si sono rivelate modulate esattamente come occorreva, affinché la vita emergesse, pertanto le alternative a un controllo divino non sono più probabili dell’esistenza di Dio”.

Amir D. Aczel, “Perché la scienza non nega Dio” – Cortina Editore 2015 – pp 246 – € 21