Prada. Fascino d’una mostra enigmatica e strampalata, bellissima e orrida, piccola e gigantesca. Di tutto e di più

MILANO, giovedì 19 settembre (di Emanuela Dini) Tenera, inquietante, strampalata, colorata. Come è lui. La mostra “Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori” di Wes Anderson – il cinquantenne regista di “Grand Budapest Hotel”, “I Tenenbaum”, “Moonrise Kingdom” – e di sua moglie Jumam Malouf, scrittrice e illustratrice, è una sorprendente e spiazzante raccolta di 537 opere d’arte provenienti dal Kunsthistorisches Museum e dal Naturhistorisches Museum di Vienna, i due musei gemelli inaugurati nel 1891, tra le istituzioni culturali più rilevanti in Austria e in Europa.
Opere di di varie epoche assemblate seguendo il gusto delle Wunderkammer (Le camere delle meraviglie) che dal Cinquecento al Settecento arricchivano le regge e le case dei potenti, con le collezioni degli oggetti e meraviglie più sontuose e sorprendenti.
E proprio come in una Wunderkammer del terzo millennio la mostra, alla Fondazione Prada, si snoda tra alte vetrine, percorsi guidati, nicchie, cunicoli, ritratti, oggetti minuscoli o giganteschi, collezioni preziose o inquietanti. Il tutto in perenne penombra, con sciabolate di luce che escono dalle vetrinette o illuminano miniature microscopiche che bisogna sdraiarsi per terra per riuscire ad ammirarle.
C’è di tutto e di più. Dai ritratti di Casimiro di Brandeburgo-Bayreuth, Margravio di Bayreuth (1522) e Ritratto di vecchio uomo e fanciulla (1530-‘40) entrambi di Lucas Cranach il Vecchio, dal Ritratto del Duca Giovanni Federico, Elettore di Sassonia (1550-‘51) di Tiziano Vecellio e Ritratto di Isabella d’Este (1600-1601) di Peter Paul Rubens; ma anche affettuosi e pietosi ritratti dei bambini a corte, alcuni infelici e deformi, irsuti o impietriti, tutti immobili nei loro abiti da cerimonia con gli occhi disperati che raccontano l’angoscia di un’infanzia negata.
Oppure la scatola di legno che contiene la mummia di un toporagno che dà il nome alla mostra, o ancora l’elmo a forma di volpe appartenuto a Ferdinando I, o lo Smeraldo su piedistallo in rame dorato (1596), proveniente dal Naturhistorisches Museum, un manufatto costituito da smeraldi di diverse dimensioni provenienti dalla Colombia e assemblati in Tirolo.
E poi Adamo ed Eva e l’albero della conoscenza del bene e del male, accanto a due pesci fossili; civette impagliate e tartarughe di ambra; miniature d’avorio e misteriosi strumenti cesellati per la misurazione della volta celeste; collezioni di pietre preziose accanto a kimoni di seta o scarabei di giada, tutti accomunati dallo stesso colore: il verde.
Inutile cercare un senso logico di questa mostra. Il segreto per godersela è entrare come si entrerebbe in un labirinto, vagare lasciandosi stupire, ammirare senza farsi troppe domande, godere di un mix di inquietudine, poesia, angoscia e meraviglia.
Anche perché – seguendo la moda discutibile delle mostre con didascalie introvabili, illeggibili o inesistenti – il libretto illustrativo della mostra non solo è unicamente in inglese, ma è scritto in caratteri microscopici in grigio su carta grigia (che già si vede poco), con le silhouette degli oggetti esposti, ma senza l’indicazione di dove si trovino. Così per capire chi è il personaggio del tal dipinto o cosa rappresenta la scatoletta d’avorio nella vetrinetta bisogna imbarcarsi in una caccia al tesoro, cercando di identificare il profilo dell’oggetto, capire in quale parte del salone si trova, scovare un punto luce (che non c’è) o accendere la torcia del telefonino, cercare di capire a quale miniatura corrisponde la didascalia 292…
E non per caso, i commenti più frequenti all’inaugurazione erano dei gran: “Non ci capisco niente”, “Ma dov’è?”, “Secondo me è questa qui”, “Aspetta che cerco la pila e ti illumino”.
Fatica sprecata. In una Wunderkammer non si chiede di capire, ma di restare a bocca aperta. E qui ci si rimane, eccome.

IL SARCOFAGO DI SPITZMAUS E ALTRI TESORI. Progetto espositivo di Wes Anderson e Jumam Malouf. Fondazione Prada, Largo Isarco 2, Milano – Dal 20 settembre 2019 al 13 gennaio 2020.