(di Paolo Calcagno) Dal grande schermo la fiaba di Alice Rohrwacher, sorella minore dell’attrice Alba, è proseguita e si è confermata sulla Croisette, al Palais du Cinema, con la “fata” Sophia Loren che le ha consegnato il Grand Prix del Festival di Cannes, proprio come aveva già fatto con Roberto Benigni, nel 1999, quando gli passò l’Oscar per “La Vita È Bella”. Il premio (secondo solo alla Palma d’Oro) ricevuto a Cannes, è un tonico esaltante per il Cinema italiano e lancia la 32nne regista de “Le Meraviglie” sul glorioso percorso tracciato da Paolo Sorrentino e Matteo Garrone, a loro volta sulle tracce di Nanni Moretti e Benigni. In precedenza, la proiezione del film era stata accolta e felicitata da ben 12 minuti di applausi, con le sorelle Rohrwacher emozionate e tremanti che si tenevano per mano, e Monica Bellucci che si scioglieva in lacrime.
“Le Meraviglie” è il classico prodotto di famiglia bene, che nasce e cresce bene, assistito e protetto dall’intero sistema (produzione, distribuzione, organismi rappresentativi, media) perché navighi felicemente dove è destinato ad approdare. “Le Meraviglie” è un film su valori solenni, quali la famiglia, il senso della vita spesa in campagna, le minacce e le tentazioni (la Tv con le sue illusioni, i soldi, la vanità, il successo) che arrivano dall’esterno, la voglia di crescere e di ribellarsi ai ceppi della tradizione, il dolore del tradimento, la capacità di perdonare. Di materia ce n’è in abbondanza, compreso il culto del lavoro campestre e retrivi spunti protofemministi, in questo film che Alice Rohrwacher ha ambientato in una campagna non precisata tra Toscana, Umbria e Lazio, simile al luogo dove è cresciuta. Ma anche se il capofamiglia Wolfgang (un tedesco, un belga? Certo, uno straniero del Nord) fa l’apicultore come il suo papà, Alice precisa che “Le Meraviglie” non è un film autobiografico, semmai “personale”, perché è cresciuta fra quei luoghi e le loro dinamiche. Wolfgang (l’attore e ballerino Sam Louwyck) è un padre-padrone rozzo e violento, facile all’ira, ma anche affettuoso e premuroso verso la moglie Angelica (Alba Rohrwacher, attrice asciutta che sa far corrispondere maniere e azioni alle promesse del nome) e le sue 4 bambine, piccolo commando da futuro dell’umanità, capeggiato dalla 12enne Gelsomina (la bravissima Maria Alexandra Lungu). La regista toscana conferma mestiere e talento nel raccontarci per immagini (superbamente supportata dalla fotografia dolente e spietata di Hélène Louvart) il conflitto tra Wolfgang, che si sforza di isolare la sua famiglia nel caparbio quanto dissennato culto di una tradizione bucolica svuotata di riferimenti e radici culturali, e le piccole “pesti” che vogliono crescere ed “evadere” dal quadretto scolorito della sana e bella vita di campagna. Il diavolo tentatore ha le forme morbide e il sorriso invitante di Monica Bellucci, Milly Catena “fata bianca” e conduttrice del reality-show “Il Paese delle Meraviglie”, che sfonda quel paesaggio che brucia sotto l’effetto dei diserbanti e quel mondo di campagna oramai sfaldato e in profonda mutazione, promettendo con il suo concorso televisivo sui prodotti della natura sacchi di soldi e crociere alla famiglia più “tipica”. Gelsomina (un omaggio alla Giulietta Masina di “La Strada”?) che, pure, instancabilmente e abilmente cattura gli sciami sugli alberi, organizza la smielatura e sposta gli alveari, non vuole perdere l’occasione e iscrive il padre al concorso. Naturalmente, il genitore boccia con furia barbarica l’iniziativa della figlia e per consolare le sue bambine spende tutti i suoi pochi soldi nell’acquisto di un cammello. Un dono misterioso e bizzarro sia per le stupite ragazzine, sia per gli spettatori. Altrettanto incomprensibilmente, a sorpresa, arriva in casa un giovane disadattato tedesco che le autorità consegnano alla famiglia di Wolfgang perché collabori a un processo di correzione.
Alice Rohrwacher è brava nel mostrare le situazioni di questa famiglia di campagna con le sue aggressioni e le sue tenerezze, è persino capace di sfiorare la poesia quando inquadra le bambine sia negli interni, sia in esterni ma, benché si avverta il suo sguardo di artista addolorata, non ha il polso per coordinare i numerosi temi che tocca il suo film, compresi il lavoro minorile e le violazioni delle norme europee da parte del piccolo esercizio di Wolfgang. Talvolta le sue “Meraviglie” inciampano nella superficialità, talvolta arrancano, appesantite da ipotesi e diagnosi “al femminile” decisamente prevenute e stereotipate. Più interessante, e anche più emozionante, il versante del film che allarga al bisogno e al senso di libertà: qual è il più giusto tra il sogno trasgressivo delle figlie e il rifiuto dell’illusione del padre? Bella domanda, anzi, “meravigliosa”.
“Le Meraviglie”, regia di Alice Rohrwacher, con Alba Rohrwacher, Maria Alexandra Lungu, Monica Bellucci, Sam Louwyck. Italia 2013.