Premio Europa 2017. Gli emergenti. E il video entra a teatro (v. “Le vergini suicide”, premio alla regia). Gli altri vincitori

Roma Armee – Regia di Yael Ronen – GOЯKI THEATRE, Berlino

(NOSTRO SERVIZIO)

ROMA, lunedì 18 dicembre ► (di Marisa Marzelli) Secondo Isabelle Huppert (recita in più lingue e le piace scegliere i registi dei suoi spettacoli, a volte scommettendo come talent scout su giovani promesse, con curiosità, audacia e la lucidità necessaria per mantenere il controllo della situazione) il teatro sta cambiando perché sempre più le messe in scena sono permeate dai video. Anche lo spettatore è cambiato, sempre più nutrito di immagini.
La Huppert e il suo collega inglese Jeremy Irons sono i vincitori della XVI edizione del Premio Europa per il teatro conclusosi ieri a Roma. Non è usuale che il riconoscimento vada ad attori (se pur di questo calibro); ricordo come precedente solo Michel Piccoli. Più facilmente il Premio ha sinora ricompensato grandi autori (quest’anno Premio speciale al drammaturgo nigeriano già premio Nobel Wole Soyinka) oppure registi o compagnie sempre di grande livello internazionale. Comunque, più che meritati i Premi alla lunga carriera di Huppert e Irons, talenti nati dal teatro e diventati star del cinema, senza mai abbandonare la pratica di quelle assi del palcoscenico che alla fine fanno la differenza tra un divo più o meno per caso e un solido interprete.
69 anni, un Oscar come protagonista (Il mistero von Bulow di Barbet Schroeder nel 1991), Jeremy Irons nel ’68 entra nella Compagnia Old Vic. A metà anni ’80 recita con la Royal Shakespeare Company; debutta a Broadway e vince il Tony Award nell’84 come miglior attore interpretando La cosa reale (The Real Thing) di Tom Stoppard, insieme a Glenn Close. Di sé ha detto a Roma: “Quando ho un compito mi concentro totalmente e non ho pazienza per chi non condivide la mia concentrazione. Però non vivo per recitare, recito per vivere. E invecchiando divento più pignolo. Il mio film preferito? Quello in cui mi diverto di più a recitare”. In una carriera lunga una settantina di titoli, confessa: “Ho fatto solo quattro film di cui non sono orgoglioso”. In teatro, quando il lavoro funziona, ritiene che si formi un triangolo: autore, attore, pubblico. A chi gli chiede del ruolo del regista, risponde: “I registi non sono nel triangolo. Almeno non ci sono quando c’è il pubblico. Il regista è come uno chef: butta gli ingredienti in padella, mette a bollire le verdure, sala, aggiunge, lascia cuocere… ma non sa se qualcuno verrà a mangiare. Io sono un ingrediente, sono la carota, e il pasto non sarebbe pronto se non ci fosse lo chef. Ma non mi piacciono i registi che mettono il loro brand sulle pietanze”.
Si immerge nei personaggi o li recita dall’esterno? “Provo e recito un personaggio. Quando ho finito lo chiudo in un cassetto. Ma qualcosa resta, come la scia del fumatore di pipa che è già uscito dalla stanza”. Adesso ha un progetto impegnativo: portare in tournée in America uno dei grandi testi americani. Dopo le recite europee sarà negli States con Lungo viaggio verso la notte di O’Neill.

Virgin Suicides – Regia di Susanne Kennedy – Münchner, Kammerspiele

GLI EMERGENTI PREMIATI

Realtà Teatrali tutte interessanti, qualcuna più innovativa e talentuosa, altre più marginali. Un giudizio su questi registi o gruppi si può tentare a partire dei risultati di alcuni loro spettacoli andati in scena in questi giorni nelle sale romane. Come NO 43 Filth(sporcizia) del Teatro NO99 di Tallinn, capitale dell’Estonia. La compagnia ha sede nello stesso palazzo del ministero della difesa (l’Estonia è lo Stato post-comunista con un finanziamento pubblico delle arti al 75%) e si è posta una data di scadenza: si scioglierà dopo aver messo in scena 99 tra spettacoli e performance. È un teatro molto fisico, che mette alla prova le capacità atletiche degli attori. Qui, tre donne e sei uomini di varie età si affrontano e confrontano con i piedi nel fango (vero, in un’enorme vasca sul palco) con sempre più fatica e tirandosi reciprocamente secchiate d’acqua. La storia è quasi muta; la metafora dell’eterna lotta e della violenza tra esseri umani è ben chiara.
Altra Realtà premiata è Susanne Kennedy, regista tedesca che ha studiato e soggiornato in Olanda e le cui opere hanno caratteristiche tipiche della video installazione. A Roma ha presentato Le vergini suicide, dal romanzo di Jeffrey Eugenides da cui anche Sofia Coppola ha tratto il suo celebre film Il giardino delle vergini suicide (citato nella pièce). È un’esplosione di Kitsch con numerosi schermi sui quali vengono proiettate immagini differenti, mentre le ragazze protagoniste indossano maschere e sono agghindate come bambole, interpretate en travesti (lo si scoprirà alla fine, quando gli attori escono a ricevere gli applausi) da uomini fatti. Voci distorte elettronicamente, scritte e una certa grevità tedesca rimandano ad atmosfere mortuarie e decadenti che colpiscono senza attrarre.
Tutt’altro discorso per la giovane drammaturga e regista Yael Ronen (israeliana che lavora a Berlino). Con Roma Army propone un gruppo di diversi e perseguitati della terra: rom, gitani, ebrei, gay ecc. che come supereroi si battono per un’utopica liberazione dai pregiudizi. Teatro politico in forma di musical, facendo l’occhiolino a Cabaret, con giovani interpreti irriverenti (bravissimi quelli impegnati nel canto). Il lavoro è serio e impegnato però carico di umorismo; censura con un sorriso la xenofobia, punta all’integrazione ma anche sottolinea qualche contraddizione e autocommiserazione di troppo degli emarginati. La Ronen ha stoffa e convince.
L’elenco delle Realtà Teatrali premiate si completa con l’artista visivo e performer italiano Alessandro Sciarroni, il regista sloveno Jernej Lorenci e il russo Kirill Serebrennikov. Questi ultimi due non erano presenti alla cerimonia di consegna dei Premi per fatti drammatici. Il primo perché la compagnia ha perduto giorni fa l’attore principale, morto d’infarto; il secondo perché in prigione in Russia, in attesa di processo a gennaio.
Infine, Premio speciale al coreografo greco Dimitris Papaioannou.
Se son rose fioriranno in tutta Europa.