MILANO, mercoledì 19 giugno ► (di Patrizia Pedrazzini) Il 1848, e il successivo 1849, rappresentano, nell’ambito della storia europea, due anni-chiave, tanto da andare sotto il nome di “Primavera dei popoli”. In omaggio alla vera e propria ondata di moti rivoluzionari borghesi che, dagli Stati italiani a quelli tedeschi, dalla Francia al regno di Prussia all’Impero austriaco, mira ad abbattere i governi della Restaurazione nell’ottica di sostituirli con governi liberali. Un po’ ovunque, nel Vecchio Continente, tranne che nella ricca e potente Inghilterra, dove la Rivoluzione è invece, all’epoca, da tempo un ricordo. E dove, in compenso, Londra è la metropoli che si sta modernizzando più velocemente in tutto il pianeta, con le sue fabbriche, i magazzini, i negozi, i nuovi canali, le strade e le ferrovie, il Tamigi affollato di vele e battelli, e gli oltre due milioni di abitanti.
Eppure, anche qui c’è qualcuno che ha voglia di fare una Rivoluzione. Sono sette studenti delle Royal Academy Schools, amici fra loro e con un debole per l’arte. Sono giovani e potenzialmente ribelli, quindi “contro”: contro il capitalismo, contro l’imperialismo e contro l’individualismo, ma soprattutto contro un tipo di arte “accademica” che ha, a loro sentire, eccessivamente idealizzato la natura e troppo sacrificato la realtà in nome della bellezza. Decidono quindi, in quel 1848, di fondare una Confraternita, e di chiamarsi “Preraffaelliti”, non tanto in spregio a Raffaello, ma contro i suoi epigoni. Identificando l’età dell’oro in un’epoca nella quale sulle città svettavano non le ciminiere del periodo industriale, bensì le guglie delle cattedrali: il Medioevo.
Ora 80 opere, firmate da 18 di questi artisti (capitanati da Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais e William Holman Hunt), sono in mostra a Milano, a Palazzo Reale, fino al 6 ottobre, prezioso prestito della Tate Britain di Londra. Disegni e dipinti (alcuni dei quali, come “Ofelia” di Millais, “Amore d’aprile” di Arthur Hughes e “Lady of Shalott” di John William Waterhouse, difficilmente escono dal Regno Unito) che parlano d’amore, di desiderio, di fedeltà alla natura, di storie medievali, di poesia, di mito. In una sola parola, della bellezza, in tutte le sue forme.
Una mostra nella quale ogni sosta è un incanto, un tuffo nella magia di questa sorta di “modernità medievale” dichiaratamente antiaccademica, eppure non immune da un certo accademismo, tuttavia ricca di fermenti nuovi, che già parlano di avanguardie e preludono a quella che, a fine secolo, sarà l’Art Nouveau. Dipinti tecnicamente raffinati, nei quali l’elemento grafico è fondamentale, e la natura è rappresentata con estrema precisione e grande gusto per il dettaglio (tra l’altro i Preraffaelliti furono i primi artisti a dipingere en plain air, battendo sul tempo gli Impressionisti). E poi i colori: il rosso, il viola, il verde, il giallo, la tavolozza dei bianchi, a garanzia di quadri luminosi e brillanti. E i soggetti: le grandi storie d’amore del passato; quelle, più moderne, di poveri amanti divisi dalle famiglie, dal ceto o dal denaro; ma anche i cambiamenti sociali, l’emigrazione, la necessità di viaggiare, i conflitti fra genitori e figli.
E le ispirazioni, quel loro attingere a piene mani alla Bibbia come a Shakespeare, a Dante come a Thomas Mallory o a Walter Scott. E le donne: ben poco madonne, più spesso incarnazioni di forze potenti e misteriose, incantatrici e distruttive, femmes fatales bellissime e insieme pericolose, nella loro ormai moderna determinazione a scegliere chi essere e che cosa fare delle proprie vite. Come “Monna Vanna”, di Rossetti: un ritratto ricco di gioielli e di arredi, dallo spillone di perle nei capelli alla ricca collana di corallo a più riprese avvolta intorno al collo e alle mani, alle labbra. Rosse del colore delle ciliegie, piene e certo non infantili, tuttavia prive della minima passione interiore, e nemmeno portate a trasmetterne. È una donna nuova, quella che avanza. La stessa che, di lì a mezzo secolo, incomincerà a parlare di diritti e di libertà.
“Preraffaelliti. Amore e Desiderio”, Milano, Palazzo Reale, fino al 6 ottobre 2019.
DIDASCALIE
1. Ford Madox Brown (1821-1893), Cattivo soggetto, 1863 – Acquerello su carta, cm 23,2 x 21 – © Tate, London 2019.
2. John William Waterhouse (1849-1917), La Dama di Shalott, 1888 – Olio su tela, cm 153 x 200 – © Tate, London 2019.
3. Arthur Hughes (1832-1915), Amore d’aprile, 1855-56 – Olio su tela, cm 88,9 x 49,5 – ©Tate, London 2019.
4. Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), Monna Pomona, 1864 – Acquerello e gomma arabica su carta, cm 47,6 x 39,3 – © Tate, London 2019.
5. Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), Aurelia (L’amante di Fazio), 1863-73 – Olio su tavola di mogano, cm 43,2 x 36,8 – ©Tate, London 2019.
6. William Holman Hunt (1827-1910), Claudio e Isabella, 1850 – Olio su tavola, cm 75,8 x 42,6 – ©Tate, London 2019.