MILANO, martedì 4 ottobre – (di Patrizia Pedrazzini) Donne e fotografia. Apparentemente, una superflua ovvietà. Di fatto, non tanto. Benché infatti non siano state poche le donne che, già nella prima metà dell’Ottocento, hanno scelto la fotografia come loro campo professionale e strumento espressivo, in realtà, almeno in Italia, per assistere all’ingresso nei circuiti culturali di fotografe, fotoreporter e artiste, bisogna attendere gli anni Sessanta del secolo scorso. Dopodiché tutto diventa, ovviamente, più facile. Così come ovvia è la considerazione per la quale questa piccola grande “rivoluzione” sia da addebitarsi ai repentini cambiamenti sociali di quel decennio (e di quello successivo), nonché alle lotte femministe.
Bene, a tutto questo è dedicata la mostra “L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965-2015”, alla Triennale di Milano fino all’8 gennaio. Più di 150 foto (soprattutto in bianco e nero ma anche a colori), firmate da una cinquantina di fotografe appartenenti, ovviamente, a generazioni diverse. Il che consente all’esposizione di spaziare dai lavori “pionieristici” di autrici quali Letizia Battaglia, Carla Cerati, Paola Mattioli, alle ultime “sperimentazioni” di Silvia Camporesi o di Moira Ricci. Più nel concreto, dalla fotografia di reportage e di denuncia sociale al rapporto tra immagine e pensiero femminista, alla rappresentazione delle relazioni affettive, alle nuove potenzialità espressive della fotografia. Che sono poi le quattro sezioni nelle quali la mostra è stata cronologicamente distribuita.
Così l’esposizione, frutto della Collezione della fotografa Donata Pizzi (e per la prima volta della partnership fra la Triennale di Milano e il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo) intende non solo fotografare i mutamenti culturali, estetici e tecnologici della seconda metà del Novecento, ma farlo in un certo senso “al femminile”. Puntando l’obbiettivo sul corpo e sulle sue trasformazioni, sulle istanze personali, sul vissuto quotidiano e familiare, sul rapporto fra memoria privata e memoria collettiva. Ecco allora, bellissima, di Gabriella Mercadini, “Ospedale San Giacomo, reparto interruzione di gravidanza”, Roma 1978. Ma anche il superbo ritratto, sempre della Mercadini, di Marco Pannella, del ’76. O il livido “Donna vicino al cadavere di un uomo a Mariupol” (2014) di Francesca Volpi. O tanti altri scatti, nessuno dei quali meno degno di nota o di riflessione.
Quanto poi all’ovvia, ma inevitabile domanda, se e come una foto scattata da una donna sia o possa essere diversa da una foto scattata da un uomo, al visitatore la personale risposta.
Anche se, davanti alle istantanee di Curcio e di Calvi, di Sindona e di Liggio, di Tassan Din e delle ragazze di Prima Linea firmate, fra il 1980 e l’83, da Giovanna Borgese, la risposta è “No”. Non c’è differenza. Una bella foto è sempre, e soltanto, una bella foto.
“L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965-2015”, Triennale di Milano, viale Alemagna 6. Fino all’8 gennaio 2017