(di Andrea Bisicchia) Il 10 dicembre 1915, Antonio Gramsci venne assunto dall’Avanti (l’anno prima Mussolini aveva abbandonato la direzione del giornale), per la Rubrica Teatro, e per ben cinque anni fu un recensore attento a distinguere un teatro “necessario”, che potesse “lanciare bombe” nei cervelli dello spettatore, e un teatro non necessario, boulevardier, consumistico, che, nel primo quindicennio del Novecento, aveva invaso la scena italiana, proveniente, soprattutto, dalla Francia e avallato, a Torino, dove Gramsci risiedeva, dai fratelli Chiarella, che erano il contraltare della Suvini Zerboni di Milano, organizzatori senza scrupolo, tenutari di teatri, dove la “prevalenza degli spettacoli era di infimo ordine”.
Come si può intuire, Gramsci non si limitava a fare il recensore, ma cercava di partecipare a un dibattito sul trust teatrale che imponeva, persino, titoli da rappresentare, oltre che il numero delle recite, se non la formazione stessa delle Compagnie, con contratti talmente onerosi, da metterle nella condizione di fallire. Le loro tournée, infatti, non erano subordinate all’interesse di Capocomici, bensì a quello di chi deteneva la disponibilità dei principali teatri nelle città più importanti.
Fabio Francione ha curato, per Edizione Mimesis, gli articoli, le critiche, le recensioni scritte per l’Avanti, nel quinquennio 1915-1920, che Einaudi aveva pubblicato nel 1950 in prima edizione in uno dei volumi di: “Vita e letteratura Nazionale” e che Guido Davico Bonino ripropose nel 1973, sempre per Einaudi, col titolo “Gramsci e il Teatro”.
Debbo dire che la prima volta che ho letto le recensioni di Gramsci è stato nei lontani anni Sessanta, quando cominciai ad interessarmi di Pirandello, le sue recensioni furono illuminanti per la mia generazione, tanto che, quando ci si occupava di Pirandello, il riferimento alle critiche gramsciane sembrava indispensabile.
Se ne è accorto Yuri Brunello che ha curato, per Castelvecchi (2017), il volume “La smorfia più che il sorriso. Scritti su Pirandello” evidenziando il rapporto tra Gramsci e l’autore agrigentino. Fabio Francione ha condotto il suo lavoro utilizzando tutto questo materiale preesistente, affidandosi, anche, alle ricerche della Fondazione Gramsci, che sta lavorando sulle annate 1918 – 1919 – 1920; inoltre ha fatto precedere, da una introduzione, le recensioni e gli articoli, evidenziando come l’attività giornalistica di Gramsci non fosse del tutto marginale, rispetto all’impegno politico, anzi, pronta a scatenare vere e proprie polemiche. C’è da dire che l’attività di critico, precede il periodo turbolento dell’occupazione fascista del potere, non ancora “stritolato” dalle spire criminali della dittatura. Un fatto è certo, il giornalismo di Gramsci, come ebbe a scrivere Eugenio Garin, era “un tipo di giornalismo nuovo in cui tematica culturale e approfondimento ideologico si intrecciano, armonizzandosi con l’educazione popolare”.
Fabio Francione (a cura di). Antonio Gramsci, “Il Teatro lancia bombe nei cervelli. Articoli, critiche, recensioni 1915 -1920”, Editore Mimesis 2017 – pp. 236, € 18