Quando i fantasmi della giovinezza bussano a una casa di riposo. E, con l’aiuto di Verdi, tornano i momenti di gloria

MILANO, domenica 24 marzo (di Paolo A. Paganini) Si ha un bel dire: “La vecchiaia è una fanciullezza elevata alla veggenza spirituale”, “Com’è bello il senno della canizie…”, “La vecchiaia è una benedizione comune…”. Ma anche: “I vecchi sono pericolosi, non gliene importa niente, a loro, di come andrà a finire il mondo”, “Consunti, cancellati, umiliati, cacciati in un angolo…”, “La vecchiaia è incrostata di solitudine…”. E così via, all’infinito, fra retorica, compassione e stupidità. Come per tante altre categorie insieme con la vecchiaia, come la virtù, la bellezza, la felicità, la gioventù. Eccetera.
Tutta una polifonica retorica del bene e del male, del buono e del cattivo, squassando i reni del buonsenso tra apologia e commiserazione, tra slanci lirici sul vecchierel canuto e stanco e grani di saggezza sull’inghirlandato capitale delle esperienze senili, o per escogitare mascherate pietose, con il solo scopo di non ammettere che la vecchiaia è solo una fregatura. Amen.
Ma si può anche sorriderne socraticamente. E questo è il suo alto momento di redenzione.
Solo che con Goldoni, Molière e Shakespeare diventa un sorriso amaro. Mentre con altri generi più leggeri, esclusa la satira, la vecchiaia diventa una gloriosa gioia dello spirito. Come il Tecoppa di Mazzarella con la sua voce nebbiosa, o le tenerezze poetiche del mondo degli anziani di Nicolaj in “Classe di ferro”, o la traslucida levità dei conflitti genitori e figli, con Arnoldo Foà ed Erica Blanc nel ruolo di ottantenni sul “Lago dorato”…
Ed eccola ancora qui, Erica Blanc, sul palcoscenico, a giocarsi un suo nuovo ruolo di anziana, in “Quartet” di Ronald Harwood, al Teatro Carcano, insieme con Giuseppe Pambieri, Paola Quattrini e Cochi Ponzoni, che, nella realtà hanno rispettivamente 75, 75, 77 e 78 anni. Sono dunque tutti “in parte” nel sostenere il ruolo di anziani, con le loro bizze, piccole crudeltà, ripicche e permalosità.
L’azione si svolge in un’agiata casa di riposo per artisti anziani. Loro sono ex cantanti verdiani, e portano nel cuore e nella mente i loro momenti di gloria, fino all’inesorabile viale del tramonto.
La struttura drammaturgica, semplice e funzionale, gioca su due piani vincenti.
In primo piano: i caratteri eterogenei dei quattro anziani artisti (Erica Blanc, già stella della lirica, superbamente orgogliosa dei suoi passati successi, ma ora scontrosa e spigolosa, e in conflitto d’arte e d’amore con Giuseppe Pambieri, nella finzione scenica suo infelice marito separato, ora dedito a studi wagneriani e in guerra aperta con l’inserviente del mattino per via di una negata marmellata a colazione; Paola Quattrini, ricca di vissute esperienze canore e sentimentali, che in scena ora si diverte con i segni di una precoce senescenza mentale; e Cochi Ponzoni, nei panni d’un fedele e morigerato marito, ora vedovo, ma non dimentico di appetiti).
In secondo piano: un concerto di canto dal “Rigoletto” – loro antico cavallo di battaglia -, organizzato per gli ospiti della casa di riposo, in occasione della data di compleanno di Giuseppe Verdi. In programma: il quartetto vocale del III atto. Ma i nostri volenterosi e inorgogliti anziani ora sono sfiatati. La tecnologia farà il miracolo.
E il concerto finale del “quartetto”, dopo i due tempi dello spettacolo di una cinquantina di minuti ciascuno con un intervallo, diventerà realmente, per il pubblico del Carcano, un’apoteosi di applausi. E di commozione.
Con la regia misurata e corretta di Patrick Rossi Gastaldi, i quattro protagonisti han dato generosa e onesta prova di allegra dedizione ai loro attempati ruoli, senza sbavature nostalgiche o tic caricaturali. Bene.
Da sottolineare l’interpretazione di Erica Blanc in un personaggio di intensa e disincantata coerenza drammaturgica (“indietro non si torna, rispettiamo il passato, ma accettiamo il presente”); Giuseppe Pambieri, voce stentorea, da vecchio trombone, ma sempre d’incredibile vigore giovanile (e, ovviamente, lieto fine con l’ancora innamorata ex moglie); Cochi Ponzoni dimostra la verve e i giusti tempi di una sua sobria e svagata comicità (già in celebre ditta con Renato Pozzetto, il quale, ora, alla prima, era in plaudente godimento giù in platea). E Paola Quattrini, attrice impegnata, ma soprattutto interprete stellare in tante commedie brillanti e memorabili. Specie con Garinei e Giovannini. La sua spigliata simpatia, le entrate, le battute, la comicità son sempre quelle di allora. Sempre affascinanti. Come le gambe.

“QUARTET”, di Ronald Harwood (traduzione e adattamento Antonia Brancati). Con Giuseppe Pambieri, Paola Quattrini, Cochi Ponzoni e con Erica Blanc. Regia Patrick Rossi Gastaldi. Repliche fino a domenica 31 marzo. Al Teatro Carcano, corso di Porta Romana 63 – Milano. Poi il I aprile a Todi dove terminerà la tournée.

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