Quando la musica è in simbiosi con la recitazione: Fiorenzo Carpi, cinquant’anni di teatro d’un Kurt Weill alla milanese

CarpiMaMi_72dpi(di Andrea Bisicchia) Oggi sono sempre più rari i libri di teatro, anche perché le case editrici ritengono, a torto, che non abbiano più il mercato di una volta . Forse non sanno che il pubblico, che frequenta i teatri, dati SIAE, supera i tredici milioni. L’Editore Skira è diventato un punto di riferimento, per aver dato voce ad artisti come Strehler, Grassi, Puggelli, il Teatro Franco Parenti ed altri. Non poteva, quindi, non accettare la proposta di Stella Casiraghi e Giulio Luciani di dedicare un libro a Fiorenzo Carpi, dopo anni di ricerca nell’archivio del Piccolo Teatro e in quello della famiglia, ben custodito dalla figlia Martina.
Ho conosciuto Fiorenzo al tempo del lungo sodalizio con Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah che seguiva quello, altrettanto lungo, e mai interrotto, con Strehler e Grassi. Al Pier Lombardo aveva composto le musiche per la Trilogia di Testori, oltre che per le riprese di “Maria Brasca” e “Arialda”, ma anche per “L’Imperatore d’America”, “La doppia incostanza”, “Ivanov”, “Noblesse Oblige”, “La tempesta” di Tadini, etc. Faccio queste segnalazioni, perché, nel volume, mancano, e per dire che l’attività musicale di Fiorenzo Carpi ha bisogno di un successivo completamento. La discrezione, la gentilezza, la cortesia, da me sperimentate, sono ben evidenziate dagli autori, ben noti per lo scrupolo scientifico, oltre che per le competenze e per essere stati vicini al Maestro.
Lo studio è diviso in VIII capitoli, dove viene tracciato il lungo percorso artistico di Fiorenzo Carpi, che va dai suoi inizi, dedicati al repertorio classico, dopo il diploma al Conservatorio di Milano, quando compose alcuni lavori cameristici e orchestrali e un’opera lirica: “La porta Divisoria”, che, nel 1988, era apparsa nel cartellone del Teatro alla Scala. Nel 1947 inizia la collaborazione col Piccolo Teatro e successivamente con Dario Fo, Franco Parenti e Giustino Durano per “Il dito nell’occhio”, e “Sani da legare”. A dire il vero, Fiorenzo non scriveva musiche di scena, i suoi interventi costituivano una strettissima integrazione tra recitazione e musica, senza, per questo, interferire sugli sviluppi della vicenda, alla maniera di Kurt Weill. Il dopoguerra milanese era diverso da quello berlinese, al quale, forse, era legato dall’interesse per il jazz che affascinò il giovane Fiorenzo che, però, rimase maggiormente lusingato dal teatro, convinto che la musica poteva contribuire alla creazione di uno spazio che appartiene alla lingua della scena, ma che può ampliarla con le sue evocazioni ritmiche e sonore.
Il volume è ricco di testimonianze, sia di attori che di musicisti. Si va da Dario Fo a Franca Valeri, da Nicola Piovani a Germano Mazzocchetti, da Strehler, con alcune sue lettere particolari di lavoro e di amicizia, a Paolo Grassi,da Ugo Gregoretti a Dario Marianelli che ricorda le musiche per il “Pinocchio” di Comencini, quasi a indicare un tracciato che va dalla musica colta a quella teatrale, cinematografica e televisiva. Come dimenticare “Ma che aspettate a batterci le mani”, scritta per Fo e Franca Rame, per la trasmissione scandalo, censurata dalla direzione Rai?
Stella Casiraghi e Giulio Luciani hanno “confezionato” un volume che racconta la storia artistica di Fiorenzo Carpi, ma anche la storia di cinquant’anni di teatro italiano. Da segnalare l’apparato iconografico, ricco di materiale fotografico, oltre che di una molteplicità di spartiti di un lindore encomiabile.

Stella Casiraghi e Giulio Luciani, “Fiorenzo Carpi, Ma mi” – Skira Editore, 2014 – pp 168, 61 b/n – € 24