MILANO, mercoledì 12 maggio ► (di Paolo A. Paganini) – C’era un professore di lettere, al Ginnasio, che raccomandava: “Non scrivete mai la parola cose, cosa, una parola generica, che sta al posto di un termine preciso e concreto, che evitate solo per ignoranza. Date sempre un nome alle cose, alla cosa!”
Quel ricordo lontano deriva dal titolo che Angela Demattè e Carmelo Rifici han dato ora al “Macbeth” di Shakespeare, cioè “Macbeth, le cose nascoste”.
Fin dai tempi del Ginnasio, ho sempre pensato che la parola “cosa”, nella sua imprecisione, sia bellissima. Nasconde un universo di significati, che possiamo riempire come vogliamo noi, con fantasia, con creatività. E al diavolo la precisione semantica.
Così, le “cose” nascoste di Macbeth sono tante e urgenti. Ingolfano la mente e impastano la parola. Cose da psicoanalisi. Già. E allora Carmelo Rifici, che firma progetto e regia, ha coinvolto lo psicoanalista Giuseppe Lombardi per districare tutte quelle “cose”.
E così è avvenuto, in un allestimento di un’ora e quaranta senza intervallo, al Piccolo Teatro Strehler, che offre soprattutto due piani di lettura. Il primo è rappresentato dalle sedute psicoanalitiche, alle quali si sono sottoposti gli stessi attori, fin dall’aprile del 2018 e proseguite fino al luglio del 2019, poi diventate materia drammaturgica a integrazione di Shakespeare, con lo scopo di portare a livello di coscienza le proprie paure, angosce, incubi e ferite nascoste, ricordi infantili, e adeguarle, quasi in un successivo rapporto di simbiosi, a Lady Macbeth, a Banquo, a Fleance, a Re Duncan, ucciso dallo stesso Macbeth, che poi impazzirà…
Scava e scava, ne vengono fuori di “cose”.
Non so quanto sia teatralmente corretta, o aggiornata questa prassi psicoanalitca. A parte alcuni legittimi sospetti d’un accademismo esasperato, di una esegesi pedissequa ed esagerata, se non inutile, anche se culturalmente accattivante, riteniamo che non debba essere di necessità imposto a un personaggio il carattere di un attore, ma semmai il contrario, cioè dimenticarsi di sé per assumere la natura del personaggio da interpretare. Ovvio?
Tant’è che, quando alla fine gli attori si dimenticano di se stessi per diventare incubi reali della tragedia di Shakespeare, che forza, che emozione, che tremendi pugni nello stomaco, quale disperata grandezza in quella perfidia di Lady Macbeth, nella patetica pazzia di Macbeth davanti al fantasma di Banquo seduto a banchettare con gli altri nobili guerrieri, e visto da nessun altro. E poi l’uccisione e squarciamento del maiale, dai mille raccapriccianti particolari anatomici, studiati e imitati sul corpo nudo d’un ragazzo appeso in alto per le caviglie, mentre il palcoscenico si riempie di acqua, o forse di sangue, tra il ghigno feroce ed enigmatico delle streghe, qui sacerdotesse di morte. Mentre il Dottor Lombardi, nello schermo in alto, segue enigmaticamente la prima parte delle interviste psicoanalitiche, e poi, qua e là, altre scene di drammatica intensità, come una presenza taumaturgica o una simbolica immagine metafisica.
Distribuiti anche in più parti, gli interpreti dimostrano uno straordinario affiatamento. Bravi. Merito delle sedute, e di tutte quelle “cose”?
Applausi cordialissimi alla fine per tutti, attori e staff, con il pubblico finalmente in sala. Ancorché distanziato e con mascherine. Accontentiamoci.
Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi, Milano), dall’11 al 23 maggio 2021: “Macbeth, le cose nascoste” di Angela Dematté e Carmelo Rifici, tratto dall’opera di William Shakespeare, dramaturg Simona Gonella. Progetto e regia Carmelo Rifici. Con (in ordine alfabetico) Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Leda Kreider, Maria Pilar Pérez Aspa, Elena Rivoltini, e con (in alternanza) Angela Dematté, Simona Gonella, Carmelo Rifici.
Informazioni e prenotazioni 0242411889
www.piccoloteatro.org
Lo spettacolo sarà in tournée a Roma, dal 5 al 13 giugno, al Teatro Argentina.