Quei primi burrascosi momenti della nascita del Piccolo. I rapporti tra Grassi e Apollonio: due diverse visioni del teatro

(di Andrea Bisicchia) Chi guida un teatro vive quotidianamente una turbolenza come chi guida un aereo, sembra che tutto possa precipitare da un momento all’altro, finché non ritorna la quiete che permette di continuare il volo. Furono proprio le turbolenze a caratterizzare  movimenti iniziali del nascente Piccolo Teatro della città di Milano, che vantava alla guida una commissione di prestigio, con personaggi come Grassi, Strehler, Apollonio, Tosi.
Le turbolenze erano dovute al difficile rapporto tra Grassi e Apollonio, conseguenza di due diverse visioni del teatro, una con prospettiva socializzante e una con prospettiva spirituale. Un volume, a cura di Stefano Locatelli e Paola Provenzano: Mario Apollonio e il Piccolo Teatro di Milano – Testi e documenti, Edizioni di Storia e Letteratura, cerca di fare giustizia storica sulla personalità professionale e culturale di Apollonio che, pur molto stimato da Grassi e Strehler come Maestro, non lo fu per nulla circa le sue idee su quello che avrebbe dovuto e potuto essere il teatro dopo gli anni bui del Fascismo e del secondo conflitto mondiale.
Con la morte di Pirandello, il Teatro d’autore era entrato in crisi, così come era entrato in crisi quello dell’Attore, il rinnovamento poteva venire soltanto dall’apporto della regia critica, quella che, nel dopoguerra, faceva capo a Visconti, Strehler, Squarzina. Apollonio aveva delle idee molto precise e alquanto intransigenti e, in quanto tali, non furono accolte, sia da Grassi che da Strehler, che, a dire il vero, dovevano tergiversare perché, in fondo, avevano bisogno di un cattolico di prestigio con cui creare un rapporto diretto con quello della DC di De Gasperi e del sottosegretario Andreotti, per chiedere aiuti economici, visto che al primo anno, il deficit era stato di tre milioni e mezzo.
Su una sola cosa si misero d’accordo, sulla stesura di una “Lettera Programmatica per il Piccolo Teatro di Milano”, scritta da Apollonio e firmata dai membri della commissione, denominata anche: “Manifesto per il teatrino comunale del Broletto” che venne pubblicata, prima che altrove, sul Politecnico di Vittorini. Vi si teorizzava l’idea di un teatro concepito come comunità che “dietro il gioco magico delle forme” cerca “la legge operosa dell’uomo”, del poeta, dell’attore e, soprattutto, degli spettatori che dovevano stare al ”centro” del teatro per rappresentare il “coro”, ovvero la comunità, un teatro che rifiuta gli esperimenti della “letteratura pura” della “decorazione”, della “moda”, che chiede “la responsabilità della vita morale”, un teatro che dovrà lasciare spazio a nuovi autori e che sappia vedere, nei suoi rappresentanti, dei “tecnici dello spettacolo”.
Prima di stendere questo Manifesto, Apollonio aveva scritto un “Prologo”, da rappresentare il giorno dell’inaugurazione in forma di dialogo, che conteneva già il progetto programmatico. Le turbolenze nacquero intorno a questo “Prologo”, ritenuto troppo lungo, un po’ retorico, nocivo alla serata di apertura.
Un lungo epistolario testimonia lo scontro tra le parti, oltreché le divisioni ideologiche circa la programmazione del Piccolo, troppo spostato a sinistra, mentre Apollonio indicava autori come Calderon, per quanto riguarda i classici, Betti o sé stesso, con un testo dedicato alla Duse.
Locatelli ricostruisce la storia di questo conflitto, durato circa un anno e conclusosi con le dimissioni di Apollonio, sintetizza l’idea di “coro”, oltre che lo “sguardo sbilenco” del Professore, la sua dialettica scena-platea, il concetto di attore come mediatore, il rapporto tra poesia dello spirito e materialità della scena; ricostruisce anche la storia del circolo Diogene, propedeutica a quella del Piccolo, dove si teorizzava il teatro come partecipazione, grazie agli spettatori concepiti come nucleo vivo di aggregazione. Non manca l’esame del difficile rapporto con Padre Gemell, che raccomandava ad Apollonio di non cedere a soluzioni paracomuniste.
Dopo aver abbandonato il Piccolo, Apollonio continuò la sua attività di studioso, istituendo, a partire dal 1954/55, la prima cattedra di Storia del Teatro e, successivamente, a Bergamo la Scuola di comunicazione sociale, da cui sono nate generazioni di artisti e di studiosi come Testori, Santucci, Bettettini, Dalla Palma (cui il volume è dedicato), Cascetta e il sottoscritto. Un appunto si poteva fare al nostro Maestro, quello di non aver dato molta importanza alla Regia Critica, avendo, però, anticipato certe visioni di Grotowski e di Barba.
Notevole l’apporto di Paola Provenzano che cura, con alta scuola filologica, tutti gli scritti, le lettere e i testi di Apollonio raccolti nel volume.

Mario Apollonio e il Piccolo Teatro di Milano – Testi e documenti, a cura di Stefano Locatelli e Paola Provenzano, Edizioni di storia e letteratura, 2017, pp 360, € 54.