Quel male oscuro che ottenebra la psiche di poeti, musicisti, artisti. Ma, anziché alla mente, meglio rivolgersi al cuore

(di Andrea Bisicchia) Credo che Eugenio Borgna debba essere considerato un sapiente, alla maniera greca, non certo per la veneranda età (1930), ma per il modo con cui intratteneva i pazienti, e con cui intrattiene il lettore, invitato, da lui, a un dialogo su categorie come Anima, Attesa, Speranza, Tempo, Cuore. A ciascuna di queste, ha dedicato un libro monografico, nel quale indaga il nostro mondo psichico, la nostra interiorità, la nostra conoscenza, le nostre esperienze di vita. Si tratta, insomma, di categorie portanti della condizione umana, ma che hanno anche a che fare con la nostra creatività.
Borgna è stato primario di psichiatria, oltre che libero docente in Clinica delle malattie nervose, solo che il suo rapporto con la psichiatria non è fondato soltanto su elementi teorici, ovvero su trattati, quanto su esperienze che hanno a che fare non solo con i pazienti, ma anche con tutti quegli artisti che hanno sofferto le malattie mentali e che le hanno raccontate attraverso le loro opere d’arte. Per questo motivo, gli argomenti dei suoi libri spaziano su scritti di poeti, scrittori, drammaturghi, musicisti che hanno avuto a che fare con le malattie nervose e, in particolare, con le diverse forme di depressione che portano alla schizofrenia o alla follia, a quel male oscuro che ottenebra la nostra psiche.
In “I grandi pensieri vengono dal cuore. Educare all’ascolto”, edito da Cortina, la figura del sapiente prende il sopravvento su quella dell’analista, dato che, con parole semplici, ma profonde, racconta le radici emozionali delle malattie psicosomatiche all’interno della loro dimensione fenomenologica e sociale, indicando una sua maniera di cura che rimanda alla capacità del cuore nell’ascoltare le emozioni dei sofferenti.
Educare all’ascolto diventa un metodo di lavoro che Borgna ritiene necessario per ogni psicoterapeuta a patto che conosca i valori nascosti nelle parole, perché, grazie a una simile conoscenza, è possibile capire in che modo le parole possano farci amare o odiare, magari attraverso il tono con cui vengono pronunziate, specie se ammantate da lunghi silenzi che nascondono la vera fonte della depressione. Il silenzio può essere dovuto alla timidezza, all’incertezza, alla sofferenza psichica, bisogna, quindi, abbatterlo, sostiene Borgna, per instaurare una dimensione relazionale col paziente, dato che quel silenzio potrebbe appartenere all’indicibile, che si può rendere dicibile, col ricorso all’ascolto dei pensieri che provengono dal cuore e che utilizzano un particolare linguaggio, capace di farti distinguere la malinconia dalla tristezza e dalla depressione.
In molti casi, a suo avviso, lo psichiatra può ricorrere all’aiuto della letteratura, della poesia e del teatro.
Nel volume sono frequenti le citazioni delle poesie di Kavafis, Rilke, Leopardi, Trakl e Antonia Pozzi, Borgna riporta parecchi versi delle loro raccolte poetiche, specie quelli che evidenziano emozioni sconvolgenti, angosce lancinanti, abissi di disperazioni e le compara con quelle delle sue pazienti, come Maria Teresa o Margherita che, nella loro disperazione, hanno trovato il momento per raccontarla con le loro poesie.

Eugenio Borgna, “I grandi pensieri vengono dal cuore. Educare all’ascolto” – Editore Cortina 2021, pp. 110, € 12. www.raffaellocortina.it