VENEZIA, domenica 6 agosto ► di Paolo A. Paganini ● Anna-Sophie Mahler è stata per otto anni a Bayreuth, prima, per due anni, come regista-assistente di Christoph Marthaler nell’allestimento del “Tristan und Isolde” (musica e libretto di Wagner, capolavoro del romanticismo tedesco), poi come unica responsabile della regia.
Alla fine della sua esperienza, la regista dichiarò che, nel tempo, tra fascino e repulsione, ha avvertito un crescente sentimento di ambiguità nel rapporto sia con la musica di Wagner sia con Bayreuth.
Con l’ultimo spettacolo, lasciò Bayreuth portandosi dietro molte domande senza risposta. Per esempio: la storia di “Tristan und Isolde” ha un altro significato al di là della mitologia dell’amore romantico? La concezione d’un simile amore ha ancora una sua attualità? Ci sono alternative diverse?
La creazione dello spettacolo “Tristan oder Isolde. Ein pastiche”, firmato come regista dalla Mahler (e, come ideatrice, insieme con Susanne Abelein, Rahel Hubacher e Kris Merken), è stata la risposta alle sue domande.
In prima italiana, alla Biennale Teatro, all’Arsenale, Teatro alle Tese, il suo “Tristan oder Isolde”, e non – attenzione – und Isolde, è stato un affascinante spettacolo di 80 minuti, con tutti i caratteri di durezza e di dolcezze, di puntiglioso rigore e di passione della letteratura teatrale tedesca. Il passaggio, nel titolo, da und a oder, cioè dalla congiunzione e all’opposizione o, spiega già una diversa impostazione filologica e una implicita risposta alle ambiguità, che già sullo stretto piano tecnico suscitano non poche perplessità, perché il dramma di Wagner (in parte scritto nella stessa Venezia) non è soltanto un capolavoro del romanticismo tedesco, ma anche un pilastro della musica moderna, da alcuni ritenuto incomprensibile, quasi al limite della dodecafonia.
Il bel testo, in scena ora a Venezia, parte proprio da qua, da una spiegazione dei caratteri rivoluzionari di Wagner, da certi accordi che costituiscono “un grande mistero nella storia della musica”, con spiegazioni, che già di loro, manderanno in sollucchero tanti appassionati musicologi. Questa prima parte (che accompagna gli sviluppi drammaturgici anche successivi, parlando di problemi musicali e di scenografie) è prevalentemente tecnico musicale ed è affrontata dai quattro attori in un’atmosfera di salottiere disquisizioni, su diesis e doppie dominanti.
Ma un po’ per gradi, si entra nel merito della sostanza sentimentale, nel dedalo talvolta inestricabile dei sentimenti.
Soprattutto (il senso del nostro successivo testo in corsivo è desunto dal copione) i nostri quattro interlocutori si chiedono se sia possibile prendere quei sentimenti in prestito nel privato e trasportarli dall’opera alla vita. Una storia d’amore può portare all’annullamento dell’uomo e della donna per fondersi in un unico essere, non più uomo o donna ma semplicemente un tutt’uno? Quando ci si guarda per la prima volta negli occhi, in quel decimo di secondo, cosa può succedere? Tutto. Come in Tristano e Isotta, così nella realtà. La musica, poi, può avere l’effetto di una droga, di cui non riesci più a liberarti, e che ti segue ovunque, perfino nei tuoi sogni… Così in Wagner: non riesci più a sottrarti dai suoi effetti narcotici. E da qui nasce una storia come quella di Tristano e Isotta. Da lì si risveglia in ciascuno di noi il desiderio di annientare la parolina e che li separa per fondere insieme due anime completamente.
Ed ecco spiegato il cambio di quella congiunzione. O c’è il tutt’uno, o c’è l’uno di qua e l’altro di là. Insieme, invece, naufragare, affondare, inconsciamente, con supremo piacere…
Molti applausi alla fine. E molte risate durante lo spettacolo (e questo non l’abbiamo proprio capito).
TRISTAN ODER ISOLDE. UN PASTICHE – Prima italiana – Regia Anna-Sophie Mahler. Con Susanne Abelein, Bettina Grahs, Benjamin Brodbeck, Benny Hauser – Consulenza musicale e pianoforte Stefan Wirth.