Ridere è una cosa seria, signori. E allora facciamoci delle oneste risate con un re del vaudeville, Georges Feydeau

2_-emilio-solrizzi-sarto-per-signora-scena_0041MILANO, sabato 15 ottobre(di Paolo A. Paganini) Dunque, dove eravamo rimasti? Parlando di Feydeau, si devono recuperare in eterno i classici stereotipi del suo straordinario mondo drammaturgico, i suoi innocui giochi pirotecnici, i suoi infiniti e solluccherevoli qui-pro-quo, i suoi contrattempi a orologeria, le perfette geometrie di porte che si aprono e che si chiudono nei momenti più inopportuni, i traffici di persone che s’ingombrano quando non dovrebbero: insomma i classici ingredienti della commedia degli equivoci. Impossibile trovare qualcosa di nuovo nei suoi suoi perfetti meccanismi teatrali, inverosimili e svincolati da ogni legaccio morale. Eppure…
Eppure in “Sarto per signora” c’è qualcosa di nuovo, che non ci costringe ai consueti consueti contorsionismi per arrivare a un decente giudizio di merito.
Primo: questa commedia del 1886, scritta da un Feydeau ventiquattrenne, non possiede ancora le malizie prestidigitatorie delle sue più nevrotiche dinamiche, che facevano storcere il naso ai parrucconi della critica, ma che sbellicavano di godereccia disponibilità quella borghesia che amava ridere uscendo dal Secondo Impero, sulle soglie della Belle Epoque.
Secondo: questa commedia è ancora una classica (si fa per dire) commedia di situazione, che già in embrione possiede, però, tutti gli enzimi dei successivi lavori di “dinamica” drammaturgica, tipica del vaudeville, come, tanto per citare alla rinfusa, “Il signore va a caccia” (abbondantemente rappresentato in Italia: Gino Cervi-Marina Malfatti-Paolo Carlini, e poi Mario Scaccia, e poi Gianrico Tedeschi), “L’albergo del libero scambio” (Tieri-Lojodice, e poi Franco Parenti, regia Shammah, e Gleijeses-Quattrini-Croccolo), “La palla al piede” (ancora Parenti-Shammah), “La pulce nell’orecchio” (Gleijeses e Isa Barzizza), “Il tacchino” (Agus-Orlando-Mercatali) et cetera.
Il capostipite di tanti capolavori comici, dunque, questo “Sarto per signora”, a sua volta ha visto in scena ditte di spericolato successo comico, da Lando Buzzanca a Carlo Simoni-Alvise Battain; e poi Antonio Salines; Zuzzurro & Gaspare ed altri ancora. Tanto per dire dello straordinario successo di questo intramontabile testo.
Ora è la volta, al Teatro Manzoni, della Compagnia capitanata da Emilio Solfrizzi, con la regia di Valerio Binasco. Scandito nei classici tre atti, è un tipico boulevardier, genialmente impastato di pochade e vaudeville, con il solito menage a tre, se non a quattro, e gli immancabili qui-pro-quo. Qui, la morale borghese è sempre in equilibrio instabile. Ma non cade mai definitivamente, scivola solo per ridere, e salva sempre in extremis l’osso del collo: la facile, disinibita morale borghese, senza problemi di coscienza, senza rimorsi, trova sempre la sua consolatoria salvezza finale. Basta salvare le apparenze.
In due ore e dieci, la commedia è all’insegna del ridere-ridere-ridere. Non offre di più. E il pubblico – numeroso – non chiede di più. S’intrecciano a più piani le storie erotico sentimentali di più personaggi, anche se vengono soprattutto privilegiati gli appetiti sessuali d’un novello sposo, un medico che se la sta spassando con l’amante, esibendo alla tenera sposina le più incredibili, insostenibili palle. Ma la mogliettina, nonostante l’occhio vigile di mammà, ci casca sempre. La stessa amante del medico è sposata con un militare, che a sua volta ha un’amante un po’ cocotte, che a sua volta ha abbandonato il vecchio marito benestante e un po’ rincitrullito. Tutti si incontrano casualmente nella garçonnière disabitata di una sarta per signora, ora affittata al medico per le sue scorribande. Mogli amanti suocere, chi viene, chi va, chi si nasconde, chi si ritrova, chi sviene, chi è preso a schiaffi: ce n’è per montare la più feroce e sanguinaria tragedia. Macché, tutto finisce in un un brodo di giuggiole, tra baci e abbracci riparatori, con mariti e amanti pronti a riprendere le loro birbonate appena girato l’angolo del lieto fine. E così via, di commedia in commedia. E sempre a lieto fine. Perché ridere è una cosa seria, signori, non si transige.
L’allestimento con Emilio Solfrizzi, ed altri otto scatenati complici della risata, non fa eccezione. È di buona fattura, pur avanzando, qua e là, qualche riserva. Solfrizzi fa troppo il verso a Franco Franchi. Ma la platea ci sta, e ride da matti. Cristiano Dessì, il domestico, è una specie di screanzato Arlecchino fannullone. Ma il troppo stroppia. L’ottimo Fabrizio Contri fa il marito abbandonato e rincitrullito: ineccepibile. Il reparto femminile, tra lagrime sospiri scenate e vani propositi di vendette (Elisabetta Mandalari, Anita Bartolucci, Lisa Galantini, Barbara Bedrina, Viviana Altieri) ci dà dentro puntando soprattutto in una eccitata voglia di farsa.
Personalmente penso che nel Paese della Commedia dell’Arte non se ne possa fare a meno, anche se il vaudeville è un’altra cosa. E Feydeau contiene molti più veleni di quanto non si creda. Ma ridiamoci sù.
Da un punto di vista scenico-registico, da notare soprattutto la noncuranza del gioco delle porte, tipico di Feydeau, ma qui con poca attenzione alle scansioni di entrate e uscite dei personaggi. Pazienza.
Cordiali e divertiti applausi per tutti alla fine. Si replica fino a domenica 30 ottobre.

“SARTO PER SIGNORA”, di Georges Feydeau, traduzione, adattamento teatrale e regia di Valerio Binasco. Con Emilio Solfrizzi, Viviana Altieri, Anita Bartolucci, Barbara Bedrina, Fabrizio Contri, Cristiano Dessì, Lisa Galantini, Simone Luglio,Elisabetta Mandalari. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 12, Milano