MILANO, mercoledì 15 maggio ► (di Paolo A. Paganini) – Prosa e teatro d’opera ne han visti di colpi di scena, o colpi di mano, e di innovazioni, rivoluzioni, attentati di lesa maestà. Ronconi venne considerato uno dei suoi massimi e più creativi esponenti dell’innovazione. Ma ancora niente in confronto con altri audaci e spericolati sperimentatori. Già, c’è da credere che le loro motivazioni siano sempre state dettate da una voglia precorritrice, da un desiderio di mettersi in gioco, dal bisogno di novelli Odissei di tentare nuove strade. Damiano Michieletto si disquisì a lungo sull’«estetica rivoluzionaria» dei suoi allestimenti, dalla lirica alla prosa. E di grandi rivoluzionari si potrebbe parlare di Chéreau, o, pescando qua e là, di Leo Muscato, che allo Sferisterio fece una Bohème “sessantottina” con ambientazioni anni 70, o che con la Carmen, all’Opera di Firenze, decise alla fine che non fosse lei a morire, ma don José.
In questi ultimi anni è stato tutto un tracimante dilagare di non sempre convincenti attentati registici e catastrofismi scenici. E le messe in scena filologiche, fedeli e rispettose, sia dal punto di vista contestuale sia da quello registico e scenografico, sembrano passate di moda o considerate reperti di antiquariale bigottismo.
Meglio, dicono, una sana sperimentazione di geniali falsari, i quali, grazie a innovazioni, variazioni, rivoluzioni e traviamenti più o meno accettabili, si fanno apprezzare per la vivacità delle loro proposte contro le pedisseque ripetizioni di spettacoli sempre uguali a se stessi.
Senz’alcuna intenzione di parte, ma solo per registrare un ormai diffuso fenomeno, la nostra apparente apologia alla rivoluzione teatrale ci serve solo da introduzione all’attuale rappresentazione della “Tempesta” al Piccolo Teatro Strehler, rispettosamente rivoluzionaria, con la regia di Roberto Andò, che ha privilegiato altri percorsi. Nella “Tempesta” (1611), si sa, il mago Prospero dà l’addio alla giovinezza, ai sogni, alle magie, “attraverso il fluire grandiosamente malinconico” di una pietosa serenità, ormai destinata al perdono e alla conciliazione, come sostiene Roberto Andò nel mettere in scena il capolavoro di Shakespeare (due tempi, uno di un’ora e dieci e l’altro di 50 minuti).
“È l’opera della rigenerazione”, spiega ancora Andò, “dove il naufrago, il disperso, l’usurpato ritrovano il filo interrotto delle loro esistenze”. E, riportando brevemente la trama, come la riassunse Tomasi di Lampedusa, che più breve ed efficacemente concisa non si può, quasi a mo’ di epitaffio spiegò:
«Un uomo vecchissimo e sapientissimo attira nel suo rifugio i nemici, li perdona, dà loro in dote la sua bellissima figlia, poi spezza la bacchetta, sotterra il libro, disperde i sortilegi».
L’omo vecchissimo, protagonista della “Tempesta”, è un uomo di studio, amante della lettura e dell’esoterismo. Diventa emblematica la metafora dell’intellettuale, dello scrittore nella sua isola deserta, da naufrago o da esiliato. È una poetica rivoluzione di un’anima, che vede, immagina, proietta i sogni, o gli incubi, della creatività come può pensarla o immaginarla un artista. E così è Prospero, nel suo antro studio biblioteca, flagellato dalle piogge e dalle acque del mare, condiviso con tre esseri: Miranda, la sua giovane, tenera e pura figliola, angelicato simbolo della poesia; e i due spiriti simboli del bene e del male, Ariel, amatissimo strumento di magie e di fedeltà al servizio di Prospero, e Calibano, genio malefico, schiavo violento e lussurioso, che attenta sia alla verginità della fanciulla sia alla vita del mago dominatore.
Le magie di Prospero vanno dunque alla pari con le magiche invenzioni registiche di Roberto Andò. Un transfert legittimo e coerente. Ci scandalizzeremo? No. Fra tuoni e minacciose precarietà, non c’è da stupire se, nella precarietà dei sogni e delle illusioni, appare anche un frigorifero, e se discreti abat-jour illuminano caldi angoli di lettura e comode poltrone, mentre tutt’intorno libri e sacri testi di magie giacciono su tavoli e cassettoni tra l’infuriare degli elementi esterni, che flagellano anche gli interni, controllati da una mente, “la” mente sovrana di Prospero, che tutto domina e governa. E tutto, nei cuori e nelle menti di un gruppo di nobili naufragati in una tempesta scatenata dal vecchio mago, si anima via via di fantasmiche evocazioni e straordinari prodigi, davanti alla bacchetta di Prospero, divino taumaturgo, straordinario direttore d’orchestra degli strumenti della natura.
Centrale, si erge, con aulico distacco, fors’anche troppo, il Prospero di Renato Carpentieri, “uomo vecchissimo” e saggio, mentre tutt’intorno si scatenano i pazzi ricordi, le matte follie della vita, fra schianti di tragedie e dolcissimi incantamenti, fra odiosi tradimenti e i teneri, nascenti palpiti d’amore di Miranda (Giulia Andò) e Ferdinando (Paolo Briguglia), fra antichi rancori e benedicenti perdoni.
Calibano, forza bruta, diabolica e puzzolente, è interpretato con convincente ribrezzo da Vincenzo Pirrotta. E Ariel (ah, l’indimenticabile, commovente soavità dell’Ariel di Giulia Lazzarini, edizione Strehler), qui è interpretato da un fedele maggiordomo, Filippo Luna, con un aplomb talvolta all’inglese. Bene, tutti bene. Compresi gli altri compagni di scena, tutti generosamente in parte (e con qualche ruolo sdoppiato), da Fabrizio Falco a Paride Bonassai, a Gaetano Bruno.
Bella e suggestiva la scalcinata fatiscente scena di Gianni Carluccio, in coerente armonia con la regia di Roberto Andò (anche se l’impietoso e smagato commento di uno studente in sala ha poi fatto osservare a un amico: “Ma se la magia di Prospero è così potente, perché non l’ha usata anche per chiudere gli spifferi, tenendo fuori la pioggia, ed evitando di camminare sull’acque per tutto lo spettacolo?”
Eh, le regie sono talvolta come gli imprevedibili slanci del cuore. E “le coeur”, diceva Pascal, “a ses raisons que la raison ne connaît point”.
“La tempesta” di William Shakespeare. Traduzione Nadia Fusini. Adattamento Roberto Andò e Nadia Fusini. Regia Roberto Andò. Con Renato Carpentieri, Vincenzo Pirrotta, Filippo Luna, Paolo Briguglia, Giulia Andò, Fabrizio Falco, Gaetano Bruno, Paride Benassai. Piccolo Teatro Strehler, Largo Greppi, Milano. Fino a domenica 26 maggio.
Informazioni e prenotazioni 0242411889
www.piccoloteatro.org