Rossini “giocoso”? Non scherziamo. Cinque ore di tragici amori. Ma la musica e le voci: che meraviglioso godimento

VENEZIA, sabato 20 ottobre ► (di Carla Maria Casanova) Fermi tutti. Adesso parliamo di cose serie. Quattro ore e mezza (270 minuti) di spettacolo alla Fenice con un intervallo di 25 minuti. Il monumentale Wagner? Parsifal? I Maestri cantori? No, quel simpaticone di Rossini.
Non si tratta di opera giocosa bensì di melodramma tragico: “Semiramide”. Infatti, più tragedia di così. Un finale alla Edipo re, ma peggio perché a uccidere la madre uxoricida e mancata amante è, per errore, il di lei figlio, che stava per perdonarla…
La storia arriva da Voltaire, con tutti gli ingredienti del melodramma, in special modo quelli amorosi, dove Semiramide regina è stata amante di Assur ma ama (ignorando la sua identità) il proprio figlio Arsace, che ama, riamato, Azema, la quale è bramata anche da Assur e da Idreno. Dettaglio: quando giaceva con Assur, Semiramide gli ha guidato la mano per uccidere suo marito Nino, la cui ombra non può che ricomparire per reclamar vendetta.
Ma queste son quisquilie.
I 270 minuti (meno intervallo) di musica ci offrono un godimento senza pari.
A voler fare le pulci si potrà dire che magari qualche taglietto, là dove le arie ripetono cinque daccapo, si sarebbe potuto praticare, tuttavia raramente in un’opera c’è così tanta bella musica. Arie, duetti, assieme si susseguono con sontuosa e indefettibile maestria. E loro cantano, cantano, cantano. E sono meravigliosi.
Le abbiamo pur sentite, le Semiramidi con Sutherland, Horne, Caballé, Valentini Terrani, Ramey… E allora come mai non ci è mai parsa così bella Semiramide? Vuoi vedere che sia proprio per la sua drastica interezza? O il tempo fa brutti (begli?) scherzi?
Subito i nomi: Jessica Pratt (Semiramide), soprano con registro acuto di sfarzosa brillantezza e penetrazione, e presenza scenica regale, gesto imperativo. Fuori dal palcoscenico la Pratt è una donna “normale” ma in scena è molto vicina al trono. Alla celeberrima aria “Bel raggio lusinghier” è venuto giù il teatro.
È sua partner di eccezione Teresa Jervolino (Arsace), contralto di ampiezza scultorea nei recitativi, coloratura acrobatica e una ineffabile purezza del legato. Immaginate cosa succede nel duetto con la Pratt.
Sicuro e possente anche il tetro Alex Esposito (basso di carriera prestigiosa): ampio fraseggio, affascinante andamento declamatorio e grande potenza vocale.
Ad abbordare con spavalda sicurezza la stratosferica tessitura della parte di Idreno è Enea Scala, giovane tenore siciliano scoperto dal sovrintendente Fortunato Ortombina in una audizione.
Azema, che pur suscita tante folli passioni, ha una parte piuttosto defilata rispetto agli altri protagonisti, ma Marta Mari ha saputo metterla in valore.
Ci sono ancora il mago (Simon Lim), il capitano delle guardie reali, se non erro anche lui innamorato di Azema (Enrico Iviglia) e il tonitruante Francesco Milanese (Ombra di Nino).
Il direttore Riccardo Frizza, a capo di Orchestra e Coro della Fenice, velocissimo (forse troppo), parla, per questa partitura, di “perfezione formale”. Forse ha un po’ caricato il “formale”.
Lo spettacolo (regìa di Cecilia Ligorio) non è di quelli indimenticabili però funziona bene, astratto, gioca su bianco, nero, oro, con ampi spazi e volumi, in ottemperanza con il fasto del palazzo di Babilonia. Un sipario d’oro lavorato geometricamente, veli bianchi e cascate di candidi fiori ( primo atto), veli neri e larve infernali per il tradimento conclusivo. Bellissimo il costume di Semiramide, che la Pratt porta con il portamento di una vera donna regale.

“Semiramide”. Teatro la Fenice. Repliche: domenica 21 (ore 15,30), martedì 23, giovedì 25 (ore 19), sabato 27 (ore 15.30).