MILANO, venerdì 11 dicembre ► (di Paolo A. Paganini) La commedia “Sogni e bisogni, incubi e risvegli”, scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme, in scena al Teatro Manzoni, c’era già stata agli inizi del 2002 (senza la seconda parte del titolo, mi pare). Ispirata a “Io e Lui” di Alberto Moravia, romanzo del ’71, in cui si racconta della scissione “metafisica” e del relativo serrato dialogo in chiave comica, tra un regista mancato e complessato e il suo coso, quella parte maschile sotto la pancia, l’inquilino del piano di sotto, il “tronchetto della felicità”, sì, insomma, s’è capito, no? Il suo sesso, il suo pene.
Poi, nel ’73, Luciano Salce non resistette alla tentazione di portarlo sul grande schermo, interpretato dal merlo maschio per eccellenza, Lando Buzzanca, che allora non meritò più di una stelletta.
Infine, agli inizi del nuovo secolo, arrivò Salemme con un libro e la relativa versione teatrale, dal titolo appunto “Sogni e bisogni”, dove il nevrotico dialogo tra un poveraccio travet senza più sogni e fantasie, in pantofole già alle cinque del pomeriggio, con moglie ancora giovane e scipita, si trova a fare i conti con il suo trascurato ma non rassegnato membro, che rivendica il proprio diritto a legittime e virili prestazioni, pena del pene che, pane al pane, pone le sue condizioni: o mi riprendi in servizio attivo o me ne vado per sempre.
La storia si riduce a storiella, che diventa farsa e talvolta farsaccia. Ma si ride, certo che si ride, si sganascia, anche se l’attuale allestimento, dopo quindici anni, ha una distribuzione tutta cambiata, salvo Salemme, con la conseguenza di aver modificato i suoi ritmi, o, se vogliamo, quella massiccia, coerente esuberanza partenopea, come ricordavamo che avesse tre lustri fa. Allora con Salemme c’erano Buccirosso e Casagrande, e la mess’in scena risultava una irrefrenabile macchina della comicità, una farsa a ruota libera, certo, quasi un canovaccio da commedia dell’Arte, tra gag e improvvisazioni. Ma era tenuta a bada. Una farsa può diventare una brutta bestia, rischia di sgusciarti da tutte le parti, non riesci più a contenerla. Con il risultato, ora, al Manzoni, dopo un’ora e quaranta di risate a più non posso, di sembrare a sua volta, come il “lui” e il suo naturale possessore, cioè scissa in due: da una parte la corale esuberanza popolare d’una Napoli ch’è di per sé spettacolo naturale, qui sorretto e ancor più esaltato da dialoghi a tre, a quattro, a cinque voci, come una corale, con momenti vertiginosamente stupendi. Dall’altra parte, però, la farsa scappa di mano, diventa gioco al massacro a chi fa ridere di più, con qualche scivolata da scampoli variettistici. Peccato, perché il meccanismo comico regge ancora. Ma, come con le macchine, a pigiar troppo su pedale si rischia di grippare.
“Sogni e bisogni – Incubi e risvegli”, di/con Vincenzo Salemme, anche regia. Con Nicola Acunzo, Domenico Aria, Sergio D’Auria, Andrea Di Maria, Antonio Guerriero, Rosa Miranda. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano. Repliche fino all’1 gennaio 2016.