MILANO, lunedì 27 maggio ► (di Carla Maria Casanova) – Cartellone della stagione lirica del Teatro alla Scala 2019-2020. Lo hanno presentato questa mattina il sovraintendente e direttore artistico Alexander Pereira e il direttore musicale Riccardo Chailly, dopo le parole di saluto del presidente della Fondazione Giuseppe Sala.
Pereira ha iniziato con uno di quei suoi fervorini che, maliziosi o no, gli attirano le simpatie dell’uditorio. Così come 5 anni fa, alla vigilia di assumere l’incarico scaligero, disse con tono più dimesso che scherzoso: “So bene che se mi scelgono lo fanno perché io porto gli sponsor” (leggi soldi), adesso, prossimo ad una eventuale conferma, così ha detto: “Voglio dirvi che dandomi questo incarico mi è stato fatto il più bel regalo della mia vita. Io alla Scala mi trovo benissimo…”
Come si fa a non rinnovargli il mandato? Sarebbe una crudeltà.
Il cartellone 2019-‘20 (“al quale abbiamo molto lavorato con grande impegno”) è imponente. 16 titoli, di cui 4 vecchie produzioni. E dunque 12 nuove.
Come oramai si sa da tempo, l’opera del 7 dicembre è “Tosca” di Puccini, diretta da Chailly (che si riserva due soli titoli nella stagione lirica, per privilegiare il percorso sinfonico). Regia di “Tosca” di Davide Livermore scene Giò Forma, costumi Gianluca Falaschi (il team di “Attila” della inaugurazione del 2018). Protagonista Anna Netrebko, che Pereira non esita a definire “il più grande soprano del momento”. Vedremo.
Qui i paragoni sono impervi.
Il nome del tenore è per ora carta bianca. Pereira spiega che era stato deciso, ma dopo i problemi manifestati dal tenore in questione in “Manon Lescaut” a causa dell’asma (vedi Marcelo Alvarez), bisogna cercare altrove. E “ci sono anticipazioni e voci”, dice Pereira sibillino, “ma non sarà quello delle voci” (le voci riguardavano Vittorio Grigolo, che invece è dirottato sul ruolo a lui più confacente di giovane latin lover: Romeo, di “Roméo et Juliette” di Gounod, in scena come seconda opera).
Le illazioni per Cavaradossi vanno anche verso Yusef Eyvazov, il giovane marito della Netrebko che già nel 2017 fu strenuamente convogliato su “Chénier”, e non fece nemmeno male.
A proposito di “Tosca”, che si inserisce nel filone pucciniano perseguito da Chailly, il maestro precisa che anche qui ci saranno delle novità (specie nelle aggiunte, vedi 14 battute contro le 9 solitamente eseguite dopo il drammatico finale “Davanti a Dio!!!” gridato da Tosca.). Vale a dire che ascolteremo l’opera originale come fu data alla prima mondiale del 1900, a Roma.
Adesso, se dovessimo analizzare una per una le opere e gli interpreti di questo ricchissimo cartellone, ce la sbrigheremmo a mala pena in qualche ora. Bisognerà purtroppo stringere. E andrò un po’ “alla carlona”, assecondata anche dal mio nome, spiluccando qua e là.
Nel “Roméo” di Gounod c’è da segnalare la Juliette di Diana Damrau e la direzione di Lorenzo Viotti, figlio di Marcello, di cui si dicono meraviglie. La produzione arriva dal Metropolitan.
I titoli italiani sono parecchi. In particolare, tre opere verdiane: “Il trovatore” (lui Francesco Meli, direttore Nicola Luisotti). Un “Ballo in maschera” (con Fabio Sartori, Saioa Hernandez, Luca Salsi, regìa Gabriele Salvatores, direttore Zubin Mehta che in questa stagione la fa da padrone. Dirigendo infatti anche “La traviata”, vecchia produzione, dove come Germont si alternano Nucci e Domingo). Due le opere rossiniane: “Il turco in Italia”, e una ripresa dello storico “Viaggio a Reims” per i 5 anni dalla morte di Luca Ronconi. Qui però il cast è affidato ai giovani della Accademia della Scala, soprattutto per ragioni di budget… (11 titoli protagonisti, c’è di che far saltare il banco).
Una “Salome” di Richard Strauss diretta da Chailly promette bene anche per la protagonista Malin Bystrōm e la regìa di Damiano Michieletto che, se ci azzecca, farà qualcosa di epocale.
Chi (io, per esempio) ama le “operacce” del verismo troverà larga soddisfazione in due titoli desueti: “Fedora”, di Giordano (protagonisti Sonya Yoncheva e Roberto Alagna, che torna dopo i disastri di “quella Aida” e Pereira chiede “dovrete esser gentili con lui”…). L’allestimento sarà di Mario Martone/ Margherita Palli/ Ursula Patzak. Dirige Daniel Oren). L’altra (opera) è la “Gioconda” di Ponchielli. Da leccarsi le dita, l’unica opera dell’intero firmamento operistico che abbia una pagina nota per ciascun registro e forma musicale. Sarà una nuova produzione con regia di David Livermore.
Nel novero delle opere più “impegnate”: “Pelléas et Mélisande” di Debussy diretta da Daniele Gatti, “Tannhauser” di Wagner diretta da Adam Fischer, “L’amore dei tre re” di Italo Mezzanotte, dove ritroveremo Federica Lombardi, trionfatrice di “Idomeneo”, “Semele” di Haendel con l’attesa regia di Robert Carsen e nel cast Cecilia Bartoli e Ian Bostridge, e infine “Erwartung” di Schōnberg e “Intolleranza 1960” di Luigi Nono dirette da Zubin Mehta. Se non avete voglia di sentirle, venite almeno per la regìa di Michieletto, che promette bene.
Un bel cartellone? Se non altro un cartellone ricchissimo. Poi, come è sempre stato, starà come verrà prodotto, diretto e cantato a decidere se è un bel cartellone.
Scala 2019/’20. Imponente cartellone d’Opera. Ben 16 titoli. E il 7 dicembre Anna Netrebko in “Tosca”, diretta da Chailly
27 Maggio 2019 by