Scene di vita vissuta del contraddittorio Malaparte. Gran seduttore. E disinvolti giri di valzer, da Mussolini a Togliatti

20150511111721031_0001 (di Andrea Bisicchia) Così come esistono dei luoghi deputati, attorno ai quali si concentra l’azione di un testo teatrale, alla stessa maniera, per raccontarci la storia del protagonista del suo ultimo romanzo, Osvaldo Guerrieri, ha scelto sei città come luoghi della sua azione narrativa, concepite come spazi reali e immaginari, dentro e attorno alle quali si consuma il romanzo di Curzio. Se non sapessimo che trattasi di Malaparte, Curzio potrebbe essere un personaggio inventato di sana pianta dalla fantasia dell’autore, puntuale nel costruire una serie di avventure e disavventure che giustificano la permanenza del suo eroe in queste sei scene della sua vita.
La prima ha come spazio teatrale Lipari, l’isola dell’arcipelago delle Eolie, dove il protagonista si trova al confino, un’isola, allora, povera, dove vivevano personaggi come Vincenzo Sparacino, raccoglitore di capperi, al quale Curzio “aveva rubato il sonno” per il continuo latrare del cane Febo, ma dove troviamo personaggi come la vedova Ficara e il Maresciallo, che sembrano essere stati presi in prestito da una commedia brillante e che arricchiscono il “paesaggio selvaggio e bello dell’isola”. Dopo quattro mesi di soggiorno, Curzio viene trasferito a Forte dei Marmi, presso la Villa Hildebrand, di fronte alla Capannina e ai Bagni Royal. Osvaldo Guerrieri con tocchi di penna che sembrano delle vere e proprie pennellate, descrive, quasi in forma di immagini, i luoghi nei quali Curzio agisce, sia come giornalista che come seduttore, oppure come politico da strapazzo, soprattutto, quando frequenta Ciano e la “ Corte vanitosa e ciarliera” di Edda, dove Ciano lo assicura che suo suocero gli vuole un gran bene, solo che Curzio non ha bisogno di assicurazioni, avendo costruito un’esistenza ondulatoria che lo porta da un abbraccio all’altro, sia quando si tratta di donne o di giornali, sia quando si tratta di politici. Lo vedremo passare dalle braccia di Erminia a quelle di Virginia, da quelle di Mussolini a quelle di Togliatti, dal Tempo all’Unità.
Si potrebbe anche avanzare l’idea che Guerrieri sia stato tentato dal romanzo storico, dato che ci racconta l’ascesa e caduta del fascismo, la resa dei conti che seguirà alla morte di Mussolini, le vendette private e collettive, ma, a dire il vero, prevale in lui l’idea del romanzo d’avventura, col suo protagonista che soggiorna a Capri, a Parigi, a Pechino, per amore di libertà, oltre che per poter realizzare la sua stagione di scrittore internazionale, consapevole del fatto che, in certi casi, “la penna pesa molto più della zappa”. Tutto questo è raccontato da Guerrieri con una prosa schietta e veloce, pronta a scendere nei particolari, a volte lirica, a volte drammatica, attenta  a cogliere il lato oscuro del protagonista, con qualche punta di suspense, per ammaliare il lettore che volontariamente cade nella trappola, soprattutto quando legge avidamente le pagine che riguardano la fine ingloriosa del protagonista in un ospedale della Cina che non vorrebbe abbandonare, magari per non vedere le facce di amici e nemici che verrebbero a trovarlo. La cosa più importante per Curzio era che Montanelli morisse mezz’ora prima di lui.

Osvaldo Guerrieri, “Curzio”, Neri Pozza Editore 2015, pp 352, €17