Scientifica autodistruzione d’un genio del jazz. Alcol, donne, droga e condanne. Cioè, la vita maledetta di Chet Baker

Paolo Fresu e Marco Bardoscia

MILANO, mercoledì 16 gennaio ► (di Paolo A. Paganini) Sembra che non conoscesse la musica. Ma aveva un orecchio prodigioso, il cosiddetto orecchio assoluto. Come Frank Sinatra. E cantava con le stesse calde dolcezze melodiche di Frank Sinatra. Da giovane, dicono che fosse bello come un angelo. E il pubblico americano, non solo le ragazzine, lo adoravano. Stiamo parlando di Chesney H. Baker, detto Chet (1929-1988), il genio della tromba, che, ispirandosi al cosiddetto cool jazz, o jazz moderno, o nuovo jazz, in opposizione del jazz classico, quello di New Orleans per capirci, si basava soprattutto sugli a solo, o all’unisono di due o tre strumenti. E, sugli a solo di tromba, Baker detto Chet, era insuperabile. Per lo meno alla pari con le quattro o cinque più famose trombe e sax di allora, da Miles Davis a Charlie Parker, da Louis Armstrong a Lee Konitz, da Dizzy Gillespie a Art Farmer.
Quando nel 1951 lo volle Gerry Mulligan a far parte del suo quartetto, il ventiduenne Chet, con la straordinaria flessibilità dei suoi a solo, che andavano da struggenti dolcezze ad aggressive sonorità, si conquistò subito un posto d’onore nell’Olimpo del Jazz e nell’ammirazione di Mulligan (non così sul piano umano).
Arrigo Polillo (“Jazz”, Mondadori 1975) così scrisse del rapporto musicale di Gerry Muligan e Chet Baker: “L’asprigna dolcezza del sassofono baritono di Mulligan si sposava perfettamente con la voce, pastosa e carezzevole, della tromba di Chet Baker, che suonava al suo fianco; la musicalità e la nitidezza delle linee melodiche, il puntualissimo gioco di assieme, il delizioso contrappunto, il funzionale sostegno dei ritmi, propulsivo quanto discreto, erano altrettanto tratti distintivi di quel jazz rilassato e muscoloso a un tempo, che si differenziava già nettamente dal cool jazz, dal quale peraltro derivava...”

Dino Rubino (piano), Marco Bardoscia (contrabbasso) e Paolo Fresu (tromba). Nel riquadro Chet Baker.

Con la sua esecuzione di “My Funny Valentine”, nel 1952, ottenne un successo eccezionale. Insuperato. E, oltre al suo straordinario ed istintivo modo di suonare la tromba in uno stile di morbide voluttà, un sondaggio lo proclamò “il miglior cantante jazz”. Insomma, c’erano tutte le premesse, fin dai suoi debutti, per una vita gloriosa e felice. Gloriosa lo fu. E basta. La felicità è il prezioso bene di pochi. Forse di nessuno. Per Chet Baker, poi, era bandita anche dal vocabolario, salvo chiamarla con altri nomi: alcol, droga, donne, tutte componenti di uno sciagurato viatico verso la dannazione, verso l’autodistruzione, attraverso sballi, disgrazie e carceri. Compreso, dopo quelli americani, il carcere di Lucca, nel 1960, dove ci rimase sedici mesi, dopo ch’era stato trovato nel bagno di un distributore di benzina, inebetito d’eroina, con una siringa ancora insanguinata.
Invecchiato, sdentato e imbruttito anzi tempo, era diventato una irriconoscibile copia di quel bellissimo giovane ch’era stato una volta.
Dorian Gray era infine precipitato negli inferi dello sfacelo fisico.
Chet Baker precipitò dalla finestra al terzo piano dell’Hotel Prins Hendrik di Amsterdam. Erano le tre e dieci di venerdì 13 maggio 1988.
Così finì un artista grandissimo, un musicista dal divino talento, che sapeva cavare dalla tromba note di struggente bellezza e suoni di estatiche e rapinose intensità intimiste. Probabilmente era questo il suo modo d’intendere la felicità.
Una vita, come quella di Chet Baker, sembra fatta apposta per diventare un copione di teatro. E infatti ci hanno pensato Leo Muscato e Laura Perini. Poi, con la regia di Leo Muscato, il Teatro Stabile di Bolzano ha allestito una maxi produzione, costruita su una doppia scena.
In primo piano, un bar americano che pressappoco richiama il quadro “I nottambuli” (1942) di Edward Hopper, con otto attori che entrano ed escono, ad accennare o rappresentare episodi della vita di Chet Baker (con qualche tentazione a O’Neill, o a Tennessee Williams.
In secondo piano, sullo sfondo, un piccolo palcoscenico per le performance jazzistiche dei tre musicisti jazz: Paolo Fresu (tromba), Dino Rubino (pianoforte), Marco Bardoscia (contrabbasso), che rievocano senza soluzione di continuità le più famose versioni di Chet Baker, o propongono brani  e ballate scritti appositamente da Fresu per il teatro, od altri brani ispirati all’impianto drammaturgico.
Con il titolo “Tempo di Chet – La versione di Chet Baker”, questo straordinario omaggio a Che Baker è ora in scena all’Elfo Puccini, per due ore di seguito senza intervallo, come una ininterrotta colonna sonora dal vivo, a interloquire – suono voci – con gli attori, quasi un concertato operistico, dove i fonemi-parole dominano o si confondono o entrano in conflitto con le suggestive performance jazz di Fresu & Co.
I due impianti, drammaturgico e musicale, rappresentano nel contempo l’originalità dell’operazione ma anche gli intrinseci limiti, perché frantumano la linearità e soprattutto la comprensibilità di un testo che ha sprazzi di intenso piacere ed interesse. Eppure, dove si perde l’interpretazione attoriale, subentra il piacere del trio musicale in un compensativo gioco conplementare. O, viceversa, si scambiano i ruoli. O si sovrappongono fra loro. Ma, in tal caso, negli eccessi di sonorità, venendo meno una più armoniosa conciliazione degli estremi, risulta compromessa o la comprensione dei testi o la degustazione del piacere musicale.
Una critica assolutamente inutile la nostra, non vedendo come possa essere possibile una soluzione del problema, connaturato alla stessa struttura dell’operazione, salvo parzialmente rovesciare lo stesso impianto registico. Ma diventerebbe un altro discorso.
Spettacolo comunque gradevolissimo. Con plaudente entusiasmo finale per tutti.

“TEMPO DI CHET – La versione di Chet Baker” – testo Leo Muscato e Laura Perini – musiche originali Paolo Fresu – regia Leo Muscato. Con Paolo Fresu (tromba), Dino Rubino (piano), Marco Bardoscia (contrabbasso), e con gli attori: Alessandro Averone, Rufin Doh, Simone Luglio, Debora Mancini, Daniele Marmi, Graziano Piazza, Mauro Parrinello, Laura Pozone. Al Teatro Elfo Puccini, Milano. Repliche fino a domenica 20 gennaio.

www.elfo.org

TOURNÉE

Pavia, Teatro Fraschini, 22 gennaio 2019; Siena, Teatro dei Rinnovati, 23 gennaio – Empoli (FI), Teatro Excelsior, 24 gennaio – Livorno, Teatro Goldoni, 25 gennaio – S. Croce sull’Arno (PI), 26 gennaio – Schio (VI), Teatro Astra, 29 gennaio . Venezia, Teatro Goldoni, 31 gennaio – 3 febbraio – Prato, Teatro Metastasio, 5 febbraio – Padova, Teatro Verdi, 6 – 10 febbraio – Bologna, Arena del Sole, 12 e 13 febbraio – Cesena, Teatro Bonci, 14 – 17 febbraio – Sondrio, Teatro Sociale, 19 febbraio – Brescia, Teatro Sociale, 21 – 24 febbraio – San Giovanni Valdarno, Teatro Masaccio, 26 febbraio – Monfalcone (GO), Teatro Comunale, 28 febbraio