(di Andrea Bisicchia) In una intervista, rilasciata al settimanale Il Sabato (17 dicembre 1988), Sciascia spiegò il motivo per cui scelse di pubblicare, con Adelphi, la sua Opera completa: “Perché posso avere rapporti diretti con Foà e Calasso e vedere nascere un libro tra amici. La grande casa editrice è impersonale a cui interessa il nome più o meno famoso e non quello che c’è nel libro. A me non dice nulla…”.
In un momento in cui si parla di fusioni tra due colossi dell’editoria, le parole di Sciascia sembrano premonitrici di un futuro non certo orientato verso progetti che abbiano il marchio dell’artisticità. A dire il vero, Sciascia è stato sempre un battitore libero, più volte ha cambiato editore, passando da Laterza a Sellerio, da Einaudi a Bompiani, le sue scelte, non erano, però, frutto di calcoli, ma da addebitare all’istinto, alla volontà di provare cose diverse, al gusto di non appagarsi mai e al continuo mettersi a confronto con gli altri. Del resto, la sua attività letteraria risente di questo particolare carattere, oltre che delle sue letture dei diversi maestri stranieri. Si spiegano, così, i suoi passaggi da un genere all’altro, dalla saggistica alla poesia,dalla novella al romanzo, dal racconto filosofico al teatro, per il quale ha scritto tre testi: “ L’Onorevole”, “Recitazione della controversia lipariniana”, “I mafiosi”. Si tratta di tre titoli scritti appositamente per la scena, benché gli si debbano anche la riduzione teatrale di “Il giorno della civetta”, in collaborazione con Giancarlo Sbragia, oltre che “ Il sicario e la signora”,tratto da una novella, che debuttò al Festival di Spoleto nel 1985. Inoltre è stato coautore con Antonio Di Grado di: “Quando non arrivano i nostri”, anch’esso riduzione di una novella, andato in scena allo Stabile di Catania, fu anche critico teatrale dell’Espresso.
Storicamente, data la ridotta attività, non lo si può certo annoverare tra i drammaturghi italiani che vissero una lodevole stagione negli anni Settanta, da Diego Fabbri a Luigi Squarzina, da Patroni Griffi a Brusati, anche perché, a parte “I mafiosi”, rappresentato al Piccolo di Milano nel 1966, le commedie non hanno trovato la via del palcoscenico in maniera continuativa. “L’ Onorevole” visse una breve stagione allo Stabile di Catania, in quanto commissionato da Mario Giusti, ma non andato in scena per motivi di discrezionalità politica, ed è stato ripreso, in questa stagione, da Vetrano-Randisi, con la partecipazione di Laura Marinoni, scelta alquanto opportuna per verificare la qualità drammaturgica di un testo che, alla prima lettura, può sembrare un po’ scombinato, ma che, alla prova del palcoscenico, ha dato ottimi risultati.
Come il primo, anche il secondo volume è stato curato, con competenza, da Paolo Squillacioti, nel quale sono raccolti Inquisizioni, Memorie, Cronachette, Saggi e testi poco conosciuti, arricchiti da encomiabili Note.
Seppure non si possa parlare di edizione critica, tutti i testi contengono degli apparati filologici che sono di ausilio alla lettura, grazie ad essi, si entra nel laboratorio sciasciano, per conoscere il metodo di lavoro,oltre che le contaminazioni linguistiche tra saggio e prosa, tra memoria e invenzione, tra narrazione e inchiesta.
LEONARDO SCIASCIA, “OPERE” – vol. II – ADELPHI 2014, pp 1431, € 75