Sei ancora scapolo, bestia? O ti trovi una donna entro 45 giorni oppure sarai condannato a tramutarti in un animale

lobster interno(di Emanuela Dini) “The Lobster”, l’aragosta del titolo (Lobster, in inglese), è l’animale in cui il derelitto David, appena piantato dalla moglie, vorrebbe/dovrebbe reincarnarsi se nel giro di 45 giorni non riesce a trovare un esemplare femminile con cui accoppiarsi e iniziare una nuova vita a due.
Bizzarro, elegante e tutto sommato gradevole, il film del regista greco Yorgos Lanthimos (già vincitore del premio “Un certain regard” a Cannes con un suo precedente film, Kynodontas) può essere definito un fantasy soft che presenta situazioni e temi assolutamente eterni, come solitudine, amore, amicizia, tradimento, sopraffazione, inganno… in una cornice di luoghi e tempi indefiniti e in un’atmosfera di blanda e rarefatta fantascienza.
La trama è grottesca. In un albergo elegantissimo e un po’ dark, a picco sulle scogliere irlandesi e ai margini di un bosco da Robin Hood, vengono rinchiusi uomini e donne single. Denudati e rivestiti in divisa, indottrinati e bersagliati dallo scandire dei minuti, avranno 45 giorni di tempo per identificare, tra gli ospiti, la persona del sesso opposto con cui iniziare una nuova storia. Se non ci riusciranno, saranno trasformati in un animale, a loro scelta. Prima dello scadere del tempo, dovranno però dare la caccia ai “Solitari”, ovvero ex ospiti fuggiti dall’hotel che si sono rifugiati nel bosco, dove vivono una vita fatta di amicizia ma dove è assolutamente vietato intrecciare legami sentimentali, flirtare o addirittura innamorarsi.
Il timido David, che arriva in albergo accompagnato da un cane affettuoso e intelligentissimo (che si scoprirà essere la reincarnazione di suo fratello) prova a cercare un “esemplare femmina” di suo gradimento, ma dopo un paio di tentativi falliti, fugge dall’hotel e si rifugia dai “Solitari” nel bosco.
Ma, povero lui, passa dal male al peggio. La comunità, guidata in maniera dittatoriale e feroce da una gelida donna coi capelli rossi che non esita a infliggere punizioni di stampo mafioso (frustate, mutilazioni, scavarsi da soli la fossa in cui si verrà sepolti ecc.), si rivela ben presto una prigione più terrificante dell’hotel – là almeno si dormiva in soffici letti e camere con le tende di velluto, qui ci si arrangia tra frasche e buche nel terreno – e la tanto agognata libertà? Un bluff, un sogno irraggiungibile.
Figurarsi cosa capita a David che, malauguratamente, si innamora di una Solitaria. Da quel momento in poi, è tutto una fuga e un sotterfugio, con l’amara morale che l’amore e la coppia può vivere solo nella menzogna o nella cecità (e non per caso, occhiali, lenti a contatto e difetti visivi hanno un ruolo primario in tutto il film), e i rapporti umani sono impossibili, perché dominati sempre e comunque da regole gelide e dispotiche che annullano la personalità.
Al punto che i personaggi (salvo un paio di eccezioni) sia nel film, sia nei titoli di coda non hanno un nome, ma vengono  identificati solo con il loro ruolo o caratteristica: la donna miope – il capo dei solitari – la donna che sanguina dal naso – la donna dei biscotti – il nuotatore solitario – l’uomo zoppo.
Il cast ha i punti di forza in Colin Farrell (David) in stato di grazia e Rachel Weisz (la donna miope di cui si innamora) bellissima e solare anche in poncho militare e coperta dal fango. Le ambientazioni sono spettacolari e suggestive, dall’albergo sulla costa irlandese (in cui, realmente, ha alloggiato la troupe durante le riprese), al bosco fitto e inospitale, fino alla città con gli edifici da archistar e gli interni da centro commerciale. Chicca finale, l’abbondanza di citazioni e rimandi cinefili (facile riconoscere omaggi a Michelangelo Antonioni, Stanley Kubrick, Milos Forman).