(di Andrea Bisicchia) – Chi è l’intellettuale, al tempo di Internet, di Google, della Rete, ovvero al tempo degli oracoli elettronici? Quale il suo ruolo? È ancora capace di selezionare, di riflettere e fare riflettere? Di commentare con proprietà di conoscenze? Lo si può considerare un saggio? un Maître à penser? A dire il vero, nella società della comunicazione di massa, il rischio è quello dell’intellettuale tuttologo, di chi ha perduto il marchio dell’appartenenza e che ha deciso di misurarsi con quanto accade nelle società avanzate.
Sabino Cassese, noto costituzionalista, oltre che docente alla Luiss, nel volume edito da Il Mulino, “Intellettuali”, si è posto una serie di interrogativi per fare meglio capire la funzione dell’intellettuale oggi, in un momento in cui ha perso la sua carica vitale, sottoponendosi ad accuse, fondate o infondate, da parte di anti-intellettuali che screditano il sapere, facendosi merito della propria ignoranza.
A questo punto, non possiamo non chiederci che fine abbia fatto il pensiero e perché venga rifiutata la competenza. Sembra di assistere a un tipo di epidemia che abbia colpito il processo cognitivo che, privo del raziocinio e della riflessione, si sia assoggettato a verità non dimostrabili, dando vita a una categoria che crede talmente nella sua verità da cercare conferme soltanto in chi la pensa come lei.
In questi giorni è andato in scena, al Teatro Litta di Milano, con la regia di Claudio Autelli, un testo di Cris Thorpe, “Confirmation bias”, che rappresenta il fenomeno cognitivo, grazie al quale, cerchiamo prove a sostegno delle nostre convinzioni, rifiutando, aprioristicamente, quelle che si ritengono contrarie. Questo fenomeno si è acutizzato tra i sostenitori e i detrattori del Green Pass.
Cassese crede ancora nella figura dell’intellettuale, del cattedratico, di colui che non informa, ma che riflette sull’informazione, col compito di far capire agli altri quanto accade nella politica e nella società, benché esistano delle discordie tra gli stessi intellettuali. Vedi il caso recente di Cacciari, Agamben, Barbero, improvvisamente non considerati Maestri, come poco tempo fa, ma denigrati solo perché la pensano diversamente sul Green Pass. Ebbene, sono proprio questi detrattori del libero pensiero i veri protagonisti della “Confirmation bias”, appartenendo a coloro che cercano conferme soltanto in ciò che credono.
Il volume è diviso in nove brevi capitoli, nei quali l’autore setaccia la formazione, l’influenza, i compiti, persino i vizi, degli intellettuali, soprattutto al tempo di Internet che ci ha resi tutti eguali, tutti acculturati e in grado di rinunziare ai Maestri, in quanto discepoli della Rete.
Eppure, sostiene Cassese, dobbiamo proprio a Internet la nostra “pigrizia cognitiva” che è anche conseguenza della troppa informazione.
L’intellettuale deve confrontarsi con questo meccanismo, un po’ perverso, che ha prodotto la figura dell’Influencer a cui non si chiedono né studi, né lauree, essendo sufficienti dei bei capelli dorati da fare sventolare o dei corpi che si distinguono per i molteplici tatuaggi.
Questo trapasso potrebbe essere causato proprio dai vizi degli intellettuali che riguardano il loro scetticismo, il loro piangersi addosso, il loro essere forieri di disperazione, piuttosto che di speranze, o di essere portatori di una critica distruttiva.
È proprio così?
Buona lettura.
Sabino Cassese, “INTELLETTUALI”, Editore Il Mulino 2021, pp. 124, € 12.