
Da sinistra: Gianluca Ramazzotti, Silvia Siravo, Maurizio Donadoni, Alessandro D’Ambrosi, Ralph Palka, Marianella Bargilli.
MILANO, venerdì 10 gennaio ► (di Paolo A. Paganini) – Vahè Katchà (1928-2003), autore, sceneggiatore, giornalista armeno francese (25 romanzi, due opere teatrali, sceneggiatore e adattatore cinematografico), scrisse per il teatro “Le repas des fauves” nel 1960 (600 repliche a Parigi). Poi, trasposto con lo tesso titolo sul grande schermo, in Francia nel 1964, regia Christian-Jaque; e in Italia, lo stesso anno, con il titolo “Il pasto delle belve”.
Ora è in teatro, al Carcano, dopo un anno di repliche italiane, con il titolo “La cena delle belve” (curiosa assonanza con “La cena delle beffe”, famosa versione cinematografica – 1942 – del dramma di Sem Benelli, regia di Blasetti).
La vicenda si svolge nel 1943, durante l’occupazione nazista.
Un gruppo di amici, sette benestanti borghesi, stanno giovialmente festeggiando il compleanno della giovane padrona di casa, moglie d’un libraio. Ma la loro festosa allegria, arricchita anche di gustosi doni e di preziose pietanze, acquistati al mercato nero, viene interrotta da un ufficiale delle SS. In strada, proprio davanti alla loro abitazione, sono stati uccisi, da poco, due ufficiali tedeschi. Ora, per rappresaglia, il comandante SS esige la consegna di venti ostaggi, due per appartamento di tutto il condominio. Quindi anche due dei festeggianti presenti alla cena. L’ordine del comandante diventa ulteriormente drammatico, perché, pur con amichevole condiscendenza (secondo lui), chiede che siano essi stessi ad individuare due del loro gruppo, per essere consegnati come ostaggi, e destinati al plotone d’esecuzione.
Sarebbe passato a prelevarli di lì a due ore…
Ora, dopo un avvio godereccio e spensierato con questi sette commensali in festa, tutti grandi amiconi (finché le circostanze della vita andavano bene!), la situazione, a mano a mano che passano i minuti, diventa sempre più tesa e ostile. Soprattutto, mette in luce il vero carattere dei presenti: l’ipocrisia, la falsità, i sotterfugi per sopravvivere, la vigliaccheria, la spavalderia, i lamentosi piagnucolamenti, le imprecazioni, le risse, le prevaricazioni, le subdole untuosità, i cedimenti morali, il vittimismo.
Per tutto ciò, con caratteri così straordinariamente eterogenei, grazie anche alla versione italiana di Vincenzo Cerami, l’operazione drammaturgica diventa un concertato di felice amalgama e di singolare teatralità.
C’è un medico vile e mediocre, c’è il libraio padrone di casa debole e pavido, e sua moglie giovane carina e di scarse virtù, c’è un danaroso trafficante collaborazionista, che vuole difendere e preservare la propria preziosa egoistica esistenza a scapito di qualcun altro (“Preferisco vivere con un cadavere sulla coscienza che essere un cadavere sulla coscienza di qualcuno!”); c’è un professore di filosofia di dubbia sessualità ma coerente e determinato nel difendere i propri valori culturali; c’è un tenente italiano dell’esercito cieco di guerra, e c’è una vedova di guerra di spavalde velleità comuniste…
Metteteli tutt’insieme, ciascuno determinato a salvare la pellaccia a tutti i costi, e avrete uno spettacolo che, a seconda delle pubbliche sensibilità, potrà anche essere divertente, se non fosse per l’angoscia di chi quell’epoca l’ha veramente vissuta. Ma ci sta bene anche questa, anche se, a pensarci, mentre si svolge scenicamente la lotta per la sopravvivenza, pardon, la cena delle belve di questi sette storditi e feroci sciagurati, la storia patria si stava preparando a contare, proprio da quel fatidico 1943 (e fino al maggio del ’45), circa 15.000 vittime civili (ma c’è chi ne registra più di 23.000), morte in oltre 400 stragi.
E, sulle vicende di quel borghese sodalizio dei sette “amici” in festa di compleanno, si ergono i fantasmi, di lì a poco, delle sciagurate vittime delle Fosse Ardeatine, delle stragi di Marzabotto, con tanti cittadini presi a caso per indiscriminate azioni punitive.
Non ci si pensa? E va beh. Ridiamoci su, tanto la storia non si cambia.
Lo spettacolo, con la regia associata di Julien Sibre e Virginia Acqua, è decisamente bello, interessante (per chi vuol riflettere) e generosamente recitato, in un affiatato climax dalla commedia alla tragedia.
Eppure, con beffa finale. Che non riveleremo. Anche perché è sempre la vita che ti fa di questi scherzi. Dal riso al pianto. O viceversa. O no?
LA CENA DELLE BELVE (Le repas des fauves), di Vahè Katchà. Elaborazione drammaturgica Julien Sibre. Versione italiana Vincenzo Cerami. Con Marianella Bargilli (Sofia), Emanuele Cerman (Vincenzo), Alessandro D’Ambrosi (Pietro), Maurizio Donadoni (Andrea), Ralph Palka (Herr Komandant Kaubach), Gianluca Ramazzotti (il Dottore), Ruben Rigillo (Vittorio), Silvia Siravo (Francesca), Scene Carlo De Marino. Costumi Francesca Brunori. Regia associata Julien Sibre e Virginia Acqua. Repliche fino a domenica 19 gennaio.
PRENOTAZIONI: 02 55181377 – 02 55181362. TEATRO CARCANO – corso di Porta Romana, 63 – 20122 Milano.
www.teatrocarcano.com