Si potrà mai legittimare la postmodernità? Senza più verità e certezze culturali come inventare nuovi modelli di pensiero?

(di Andrea Bisicchia) In un mondo delegittimato, privo di un sapere che lo giustifichi, qual è il posto che l’uomo del terzo millennio dovrà occupare, consapevole di aver perso ogni rapporto con le teorizzazioni che giustificavano il suo stare al mondo? In verità, si teorizza su ciò che si conosce, che ha delle fonti culturali, delle ideologie da difendere. Tutto questo è accaduto durante l’affermazione della modernità, ma se questa la si considera superata, se ad essa è subentrata la postmodernità, come bisognerà comportarsi?
Jean-F. Lyotard nel suo volume “La condizione postmoderna”, ristampato da Feltrinelli, teorizza una sua idea di postmodernità, cercandone, a sua volta, una legittimazione. Egli sostiene che se l’uomo postmoderno non crede più nel sapere, diventato anch’esso merce, se ha dei dubbi sull’uso del linguaggio, se si sente insoddisfatto della efficienza tecnologica, come potrà costruire nuovi modelli di pensiero? Quali compiti dovrà affidare a una cultura soggetta a repentine trasformazioni?
Ne consegue a suo avviso, una instabilità che rende sempre più incerto il modo di comunicare, alimentando la eterogeneità dei linguaggi, sempre imprevedibili, perché manca loro una base teorica che li giustifichi o che sappia dare la parola agli esperti e non a fatui inventori, che si lasciano trasportare dalle sempre più agguerrite scoperte scientifiche, capaci soltanto di esteriorizzare il pensiero, essendo diventato sempre più una forza produttiva. Occorrerà dare vita a un nuovo statuto del pensiero evitando che il sapere diventi moneta? Se la conoscenza non ha più valore formativo quali effetti potrà avere in una società che si ritiene avanzata? Chi deciderà allora cosa sia il sapere e quale dovrà essere il suo rapporto col consenso?
Come ben sappiamo, la regola del consenso è costruita su un enunciato al quale si cerca di dare il valore di verità, nel senso che quello che si enuncia, anche se non vero, deve apparire tale per gli altri. L’enunciato, pertanto, va legittimato attraverso una narrazione inventata, ma che dia l’impressione di essere vera. Il rapporto tra referente e riferito deve essere di pura referenzialità per far credere a un mondo socialmente giusto.
L’uomo postmoderno, messo dinanzi alla non verità, e quindi al trionfo del falso, non può più credere, perché ha scoperto che non esiste alcuna verità, anzi, come sostiene Maurizio Ferraris, bisogna abbandonarsi alla post verità che, come la postmodernità, è diventata una caratteristica essenziale del mondo contemporaneo.
Si tratta, di un frutto degenere?
Il paradosso della postmodernità e della post verità consiste nel far credere a milioni di persone di avere ragione, non insieme, ma da sole, esasperando, in tal modo, l’affermarsi sempre più incondizionato dell’individualismo.

Jean-François Lyotard, “La condizione postmoderna” – Feltrinelli 2014 – pp 122 – € 11