Si rifà a Biancaneve. Ma c’è solo il nome. Scopiazzature a piene mani (Il Signore degli Anelli, Disney ecc). Deludente

7.4.16 regina ghiaccio 2(di Marisa Marzelli) Il cacciatore e la regina di ghiaccio aggiunge un secondo capitolo a Biancaneve e il cacciatore (2012). Difficile definirlo: nella prima parte è un prequel, nella seconda (la storia s’interrompe e riprende sette anni dopo) è un sequel; ma èanche uno spin-off, cioè una vicenda autonoma che riprende parzialmente fatti e personaggi del racconto originario. È un fantasy, di quelli che rivisitano le fiabe. Qui la rivisitazione è radicale e di Biancaneve, solo evocata, si perdono le tracce.
Evidente la volontà produttiva di avviare una nuova serie, inanellando, se ci sarà interesse del pubblico (di cui è lecito dubitare dopo questo film), altri successivi episodi.
Mentre Biancaneve e il cacciatore era diretto da Rupert Sanders, ora il testimone passa a Cedric Nicolas-Troyan, già mago degli effetti speciali nel primo film, lavoro per cui fu candidato all’Oscar. È probabile che Sanders sia stato sostituito a causa della chiacchierata love-story sul set di Biancaneve e il cacciatore tra il regista e la protagonista Kristen Stewart-Biancaneve, che portò alla rottura tra la Stewart e Robert Pattinson (la loro relazione, enfatizzata dalla cronaca rosa e molto utile al box office, risaliva ai tempi del mega successoTwilight). Quindi, via il regista e via la fedifraga Biancaneve, il nuovo episodio di quello che si vorrebbe far diventare un franchise promuove a protagonista il cacciatore (sempre interpretato da Chris Hemsworth, che nell’intervallo tra i due film è diventato una star di prima grandezza). La strega di ghiaccio del titolo è invece una new entry, interpretata da Emily Blunt. Altra novità è l’innamorata del cacciatore (Jessica Chastain). Terza diva, già presente nel primo episodio, la splendida e malvagia matrigna di Biancaneve disegnata da Charlize Theron, però presente solo all’inizio e alla fine del film, per segnare una continuità nella narrazione e anche perché il personaggio è di quelli che colpiscono l’immaginario. Un poker di protagonisti sbilanciato al femminile in quanto Hemsworth si trova confrontato con tre bellissime donne d’azione, alleate o antagoniste ma, secondo la moderna ottica dell’eroina fantasy, indipendente e combattiva. La figura della fanciulla in pericolo da salvare è ormai finita in soffitta.
La parte di alleggerimento, ormai indispensabile ingrediente dei blockbuster mainstream, è affidata non a sette ma a quattro nani, due uomini e due donne, che danno vita ad altrettante buffe coppie.
Se il plot aveva qualche intenzione di innovare, i risultati sono deludenti. I materiali narrativi si rivelano un assemblaggio (da leggere come imbarazzante scopiazzatura) di personaggi e situazioni pescati a piene mani in altri mondi fantastici.
La regina di ghiaccio del titolo (Emily Blunt) è sorella della malvagia Theron. Da dolce e sognante si trasforma in gelida furia per un tradimento amoroso e, ricorrendo alla magia, diventa dispotica signora di un regno del nord dove rapisce i figli dei contadini per trasformarli in guerrieri al suo servizio, con l’ordine tassativo di non innamorarsi mai. Ordine violato dai due prediletti cacciatori (Chris Hemworth e Jessica Chastain). Con conseguenze che porteranno avanti l’azione.
Se la regina di ghiaccio della Blunt sembra un clone dell’eroina Elsa del cartoon Disney Frozen (che era tratto dalla fiaba La regina delle nevi di Hans Christian Andersen), le due streghe sono una variante di quelle de Il mago di Oz, i cacciatori di Hemsworth e Chastain rimandano alle dinamiche di Hunger Games (quando lei imbraccia l’arco, iconicamente l’analogia è palese), i nani non hanno più nulla a che vedere con Biancaneve ma sono diventati intercambiabili con gli Hobbit e proprio alle atmosfere de Il Signore degli Anelli si rifà lo scenario fantasy medioevale, mentre il potere dello Specchio delle Brame ipnotizza chiunque lo guardi come l’Anello di Frodo. Senza contare che certe immagini ambientate nella foresta, con scoiattoli e altri animali, sono tipici delle più classiche animazioni Disney.
Ma il punto più debole è la scrittura del racconto. Ondivaga, con vistosi buchi di sceneggiatura, caratteri piatti e un significato scontato che si limita alla storia d’amore. Il clima da “c’era una volta”, introdotto da una narrazione con voce off, si perde via via a favore di una prevedibile action avventurosa con qualche contorno umoristico.
A fronte di queste lacune di contenuto, gli elementi visivi sono realizzati splendidamente. L’ambientazione, le atmosfere, le scenografie e in particolare gli sfavillante costumi (persino animati quelli di Charlize Theron), esaltati da un uso inventivo anche sul piano cromatico degli effetti speciali, disegnano un universo magico di estetica sfavillante.