
Milano. Aida Talliente e Benedetto Casillo in una scena di “Sik Sik – L’artefice magico”, di Eduardo De Filippo, al Teatro Menotti (foto Pepe Russo). Nell’altra immagine, Eduardo e Angelica Ippolito nell’edizione di “Sik Sik” del 1979 (foto Giuseppe Colombo)
(di Paolo A. Paganini) “Sik Sik, l’artefice magico”, è importante, nell’esegesi della drammaturgia eduardiana, non solo come farsa. Atto unico, scritto avventurosamente, nel 1929, nella terza classe del treno Roma-Napoli, vergato su quella stessa carta che poco prima era servita a Eduardo come cartoccio d’un povero pranzo a pane e formaggio. Per gli attori girovaghi del varietée, o, meglio, dell’avanspettacolo, ch’è ancora più straccionesco ed eroico del varietà, più guitti che attori, intrepidi scavalcamontagne, esibiti al successo o al ludibrio delle genti, in farse temerarie per fiere e piazze, tra saltimbanchi e santi patroni, pronti a tutto, in un feroce duello di sopravvivenza all’ultima risata, per quattro soldi da fame, l’avanspettacolo (cioè la breve recita di attori prima della proiezione cinematografica) era già il miraggio d’un porto sicuro, d’un punto d’arrivo, forse l’inizio, se non della gloria, di qualche miserabile stabilità economica.
Erano quelli i tempi di Eduardo, i tempi dell’avanspettacolo.
“Sik Sik” era, dicevamo, un atto unico. Anzi, nemmeno questo. Era solo uno sketch da inserire in “Pulcinella principe in sogno”, ricavato da un volume di Ugo Ricci. Ma fu il primo testo scritto da Eduardo, con quello scalcagnato Sik Sik, baciato in fronte dalla scalogna e dalla fame, già antesignano d’una inarrivabile galleria d’indimenticabili, celebri ed eterni personaggi entrati nella storia del teatro, e quindi già destinato lui stesso alla gloria.
Sik Sik, mago da strapazzo, prestigiatore d’inenarrabili trucchi di raffazzonata ingegnosità, gira di piazza in piazza, gabbietta con piccione al seguito e moglie al traino, incinta (e odalisca in scena). La farsa, ch’ebbe a Napoli un successo strepitoso, nasce da un’invenzione drammaturgica semplice e folle, come la vita: non si trova più, all’ultimo momento, poco prima di andare in scena, la “spalla” del mago, complice nei suoi strabilianti trucchi “di fama mondiale”. Si rivolge allora a un poveraccio di passaggio, che più gli spiega meno capisce.
Il gioco comico è pronto a scattare in un crescendo di inesorabili qui-pro-quo. Se poi si aggiunge che alla fine arriva anche la vera spalla, che, ancorché licenziata in tronco, non vuol saperne di uscire di scena (e si ritrovano tutte e due sul palco, aumentando il tasso di confusione), è facile immaginare come, di numero in numero, la performance del mago sia destinata a inesorabile catastrofe. Ebbene, in questo “Sik Sik”, dicevamo, c’è in embrione tutto lo straordinario mondo di Eduardo, con quei suoi personaggi umanissimi, dolenti ed eroici, sempre con una lacrima di tristezza sul ciglio, pronta a scivolare sui versanti irresistibili della comicità.
Praticamente, “Sik Sik” segna l’inizio d’un nuovo corso nella carriera di Eduardo. E ne segna praticamente anche la fine, quando nel 1980, in occasione del suo ottantesimo anno, sempre più diafano, sempre più magro, sempre più afono, e sempre irresistibile, riprese “Sik Sik” al Teatro Manzoni di Milano, insieme con due altri atti unici, “Gennareniello” e “Dolore sotto chiave”. Da esperto navigatore di lungo corso teatrale, Eduardo sapeva che, da solo, “Sik Sik”, anche se irresistibile, non avrebbe retto un intero spettacolo.
Diversamente ha pensato invece il comico napoletano Benedetto Casillo, che, insieme con Aida Talliente, Roberto Del Gaudio e Marco Manchisi, con la regia di Pierpaolo Sepe, ha voluto rappresentarlo al Teatro Menotti di Milano come autonoma commedia. Ma la farsa, comunque la si giri e rigiri, gonfiandola di nuovi scketch, dilatandola nei tempi comici, non riesce andare oltre i cinquanta minuti. Di per sé questo conta poco. Il fatto è che, come farsa, risente di quel vizio d’origine, di essere solo un intermezzo, un numero d’avanspettacolo. Se vogliamo, è un prezioso pezzo d’antiquariato, che ha la sua nobiltà nel momento storico di quegli anni. Benedetto Casillo ne ha invece attualizzato i caratteri, con un Sik Sik, non più figurina ingenua e dolente, comicamente destinata alle periferie della vita, bensì inserita, sotto sotto, in un mondo arrogante, prepotente, un po’ cialtronesco, pronto, prima o poi, ad arrendersi a tutte le illusioni di chi le spara più grosse. Sik Sik oggi forse diventerebbe onorevole. Buon successo e applausi per tutti alla fine, a dimostrazione che, comunque, il testo di Eduardo funziona sempre.
“Sik Sik, l’artefice magico”, di Eduardo De Filippo, con Benedetto Casillo, regia di Pierpaolo Sepe. Al Teatro Menotti, Via Ciro Menotti 11, Milano. Repliche fino a domenica 9 marzo.
Dopo Milano, “Sik Sik” sarà a Mola (Bari), al Teatro van Westerhout, sabato 15 marzo
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