MILANO, sabato 1 novembre
(di Carla Maria Casanova) “Simon Boccanegra” di Verdi non è opera di facile consumo. Torna alla Scala come ultimo titolo della stagione lirica 2013-14. È una ripresa dell’ultima edizione (2010), allestimento in collaborazione con lo Staatsoper di Berlino. Il Simone precedente, alla Scala, datava dicembre 1988, una sola esecuzione in forma di concerto, diretta da Georg Solti, forse la più bella mai sentita, con la quale si era capito che anche senza apparato scenico, quando c’è grande esecuzione musicale l’opera regge. A meno che l’allestimento non fosse quello di Strehler/Frigerio, con direzione Claudio Abbado, produzione storica apparsa il 7 dicembre 1971 e ripresa per ben cinque stagioni, fino al 1982, sempre con grandissimo successo.
La cronistoria, per dire che si poteva riprenderla ancora una volta con buona pace di tutti.
L’allestimento di Simon Boccanegra andato in scena ieri sera (regìa Federico Tiezzi, scene Pier Paolo Bisleri, costumi Giovanna Buzzi) già non era piaciuto molto quattro anni fa, né a Berlino né a Milano. E continua a non piacere. Tradizional/ minimalista, banale, privo di coerenza, bruttino da vedere.
Le nove recite in programma sono gratificate da ben due cast integralmente diversi, con due protagonisti di stazza quali Leo Nucci (direttore Stefano Ranzani) per le prime quattro recite e Placido Domingo (direttore Daniel Barenboim) per le ultime cinque. Leo Nucci, 74 anni, che ha in Boccanegra uno dei suoi cavalli di battaglia, canta ancora con una autorevolezza straordinaria, anzi, la voce è più possente e sicura di alcuni anni fa. Dizione perfetta, costante ricerca espressiva, partecipazione sofferta dei “grandi vecchi” (“Non è un ruolo per cantanti giovani” dice giustamente).
L’altro nome che spicca in questo cast è Ramon Vargas (Adorno) tenore dall’avvincente timbro morbido, accento sfumato, intelligente canto a fior di labbro. E abbiamo finito.
Amelia/Maria è Carmen Giannattasio, ex allieva della Accademia della Scala, bella donna che presta il suo appariscente viso a una prestigiosa marca di orologi. Ciò però non implica necessariamente essere una grande cantante. Soprattutto nel registro alto son dolori.
Il basso Alexander Tsymbalyuk (Fiesco) ha il problema inverso: note basse inesistenti.
Stefano Ranzani è parso preoccupato di far sentire molto l’orchestra. Troppo.
Il pubblico, in stragrande maggioranza di straneri, ha applaudito tutto. Un inizio promettente per quel simpaticone (furbone?) di neo-sovrintendente-direttore artistico Alexander Pereira il quale (anche se ha ereditato senza colpa lo spettacolo dalla vecchia gestione) ha spesso lanciato accorati appelli affinché alla Scala si smetta di fischiare “altrimenti gli artisti non vogliono più venire”. Che sia una buona tattica?
Teatro alla Scala, ore 20. “Simon Boccanegra” di Giuseppe Verdi: 2,5,6 novembre (primo cast), 9,11,13,16,19 (secondo cast). Prezzi da 210 a 13 euro.
Infotel 02 72003744
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