Solitudine, mostruosità e violenza. Antichi temi? O nostri contemporanei? L’orrendo Minotauro sarà sempre fra noi

(di Andrea Bisicchia) Uno dei libri più importanti di Franco Rella è sicuramente “Miti e figure del moderno” (Feltrinelli 2003), in cui veniva trattato il tema della dissoluzione dei miti che poggiavano sui presupposti della razionalità classica.
Nel suo ultimo volume, nato durante la solitudine, causata dal covid, “La solitudine del Minotauro”, Aragno Editore, Rella ritorna su un’altra dissoluzione, quella che ha per protagonista il figlio di Pasifae, moglie di Minosse, che concepì il Minotauro, unendosi sessualmente a un toro bianco, che era stato inviato, al re di Creta, per compiere un sacrificio.
Rella individua in questo mito tre temi: la solitudine, la mostruosità, la violenza, temi che appartengono, non solo al passato, ma anche alla nostra contemporaneità. Intraprendere un viaggio nei miti antichi, vuol dire adattarsi anche alle sue continue trasformazioni e a un immaginario che non procede a senso unico. L’esempio del Minotauro ne è la dimostrazione, perché il mito che lo riguarda cambia a seconda dell’approccio interpretativo. Per esempio, lo scontro con Teseo può essere letto a livello etico come l’ennesima lotta tra bene e male, a livello gnoseologico come lotta tra il vero e il falso, coinvolgendo, in tal modo, il problema della verità, quella che, come spesso accade, ci costringe a indossare una maschera.
A tal proposito, Rella cita un noto aforisma di Cartesio: “Larvatus prodeo”, secondo il quale, gli attori utilizzano la maschera per non fare apparire sul volto il loro imbarazzo, alla stessa maniera per conoscere la verità della scena del mondo l’uomo ha bisogno di mascherarsi.
Che cos’è, allora, lo spazio costruito da Dedalo per il Minotauro? È uno spazio di protezione? di conoscenza? È uno spazio irreale e, pertanto, astratto? Come uscirne? Rella parte dall’esperienza del covid, ovvero dalla esperienza della pestilenza che tutti noi abbiamo sperimentato, quella che ci ha fatto vivere in assoluta solitudine, la stessa del Minotauro, di cui Rella non analizza soltanto la mostruosità, bensì il corpo infetto, simile a quello di Filottete, costretto a vivere, solo, nell’isola di Cnosso, per una cancrena virulenta, tanto da essere colpito da un desiderio di morte. Questa tesi è quella che avanza Franco Rella, perché, a suo avviso, il Minotauro si offrì quasi in suicidio alla clava e non alla spada, di Teseo, il futuro fondatore di Atene, colui che era considerato giusto, perché accoglieva stranieri, come Edipo, per riscattarli dalle loro involontarie nefandezze. In fondo, per Rella, Edipo è uguale al Minotauro, essendo entrambi privi di colpa, anche se hanno vissuto nell’orrore, dal cui ha inizio l’esperienza di entrambi, quella che ha generato la violenza che ha sempre a che fare col sacro, perché dietro di essa c’è la volontà degli dei.
C’ è da dire che anche Pasifae può considerarsi incolpevole e lo fa nel monologo rimastoci dei “Cretesi” di Euripide, dove lei accusa il marito per non aver voluto sacrificare il toro a Poseidone, tanto che il dio si è vendicato.
Dicevamo della mostruosità e della violenza, c’è da chiedersi fino a che punto i mostri vivano nella nostra psiche e in che modo sia possibile difendersi. È forse il caso di rivolgerci al sacro, che ne è la diretta conseguenza, come ci ha insegnato Girard? Per Rella, la sola protezione è offerta dalla scrittura, la propria e quella degli altri, visto che le citazioni nel libro sono infinite, si va da Rilke, a Proust, a Cartesio, a Beckett, all’amato Kafka, con riferimento a quel bellissimo racconto labirintico che è “La tana” o al “Castello”, altro luogo da cui è impossibile uscire. Non poteva mancare il riferimento al “Minotauro” di Dürrenmatt, il breve racconto che ci offre l’immagine di un Minotauro danzante, dinanzi allo specchio, ovvero dinanzi a una moltitudine di minotauri che sembrano moltiplicarsi come i rinoceronti di Ionesco. In Dürrenmatt, la storia di Teseo e Minosse diventa un dramma psicologico, in fondo lo è anche per Rella, per il quale la psiche è una componente immateriale che ha però una funzione determinante per conoscere i labirinti della mente e del corpo, a cui lo stesso Rella ha dedicato il volume “Ai confini del corpo”.
Rella non cita Henri De Montherlant, la cui “Pasifae” utilizza il suo corpo e la sua sessualità per compiere un gesto immorale, quasi da sfida, con cui poter controbattere l’immoralità sociale, oltre che le convenzioni, con tutte le conseguenti consuetudini.
La sua, non è una sfida alla natura, ma alle leggi e alle intolleranze politiche e religiose.

“LA SOLITUDINE DEL MINOTAURO”, di Franco Rella, Aragno Editore 2023, pp. 154, € 18