Star Wars: nuova strategia d’attacco firmata Disney, e J.J. Abrams, maestro di nostalgie generazionali, conquista tutti

star-wars-episode-vii(di Marisa Marzelli) Finito lo spasmodico conto alla rovescia, Star Wars Episodio VII – Il risveglio della forza è sugli schermi. Il titolo chilometrico già dice qualcosa del denso passato che sta alle spalle di questo nuovo film, capace di moltiplicare attese e speculazioni di un pubblico generazionalmente trasversale. Episodio VII perché è cronologicamente il primo dopo la trilogia originaria, oggi detta “classica”, concepita dal creatore George Lucas come gli episodi IV, V e VI di un tutto pensato originariamente in nove episodi. Ma i capitoli realizzati e considerati ufficiali furono solo sei. Così ora si ricomincia da sette. Sin qui tutto chiaro? Per i fan sicuramente sì.
La saga di Guerre stellari è entrata nella mitologia del cinema non solo perché quando cominciò (il primo film uscito è del 1977) era all’avanguardia come impianto seriale e impiego degli effetti speciali, ma anche per l’intuizione sullo sviluppo del merchandising. Si calcola che in poco meno di 40 anni le due trilogie abbiano incassato al box office 4,4 miliardi di dollari oltre ai 30 miliardi incassati dalla vendita di giocattoli, libri, fumetti, DVD e videogiochi.
Nel frattempo è successo qualcosa: nel 2012 Lucas ha ceduto la sua Lucas-Film alla Disney per oltre quattro miliardi di dollari. E la casa di Topolino ha pensato di far fruttare l’investimento, rilanciando la saga. La strategia commerciale sinora è stata ottima; la promozione del nuovo Star Wars ha convinto tutti che questo è il film-evento dell’anno, la trama è rimasta segreta e sono state alimentate abilmente ipotesi degli appassionati e chiacchiere in rete. Una strategia d’attacco (gli altri due episodi della nuova trilogia sono già in calendario per il 2017 e 2019). Ma non incosciente. Infatti, alla regia de Il risveglio della forza c’è J.J. Abrams, regista che aveva già rilanciato con successo l’altra serie fantascientifica Star Trek e cinefilo appassionato dell’universo Star Wars. Oltre ad essere stato l’ideatore della serie televisiva Lost, che ha molto innovato nella capacità di coinvolgere i fan. Alla sceneggiatura, Abrams era affiancato da Lawrence Kasdan, sceneggiatore già dei due episodi L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi e, come regista, un vero maestro di nostalgie generazionali (basti pensare a Il grande freddo, sulle disillusioni post ’68. Ma questa è un’altra storia).
The-Resistance-Star-Wars-7-Force-Awakens-X-WingPer rinnovare i fasti di Star Wars – ed è il problema di tutte le ripartenze di storie famose – bisognava conquistare nuovo pubblico e non deludere quello vecchio, affezionato ad un modello già noto. Abrams e Kasdan hanno puntato sull’utilizzo di nuovi personaggi che si muovono secondo uno schema molto simile a quello proposto nello Star Wars del 1977, coi quali interagiscono i vecchi eroi della saga classica: l’avventuriero spaziale Han Solo (Harrison Ford) con il fido secondo pilota Chebacca; la principessa Leia (Carrie Fisher), diventata generale dei ribelli, e Luke Skywalker (Mark Hamill), il cavaliere Jedi di cui si sono perse le tracce. Le tre new entry giovani sono invece Rey (Daisy Ridley), mercante di rottami che potrebbe diventare il prossimo cavaliere Jedi perché in lei si avverte la presenza della Forza; Finn (John Boyega, disertore dai cattivi) e il pilota stellare Poe (Oscar Isaac, ad oggi il più famoso dei tre per essere stato protagonista di A proposito di Davis dei fratelli Coen). Quindi, tre eroi erano: Ford, Fisher ed Hamill e tre sono di nuovo, con l’aggiornamento che il ruolo principale destinato ad emergere sembrerebbe quello della ragazza, in sintonia con le nuove eroine fantasy del terzo millennio, da Jennifer Lawrence (la saga di Hunger Games) a Charlize Theron (protagonista, di nome e di fatto Furiosa, del nuovo Mad Max: Fury Road di George Miller, alla pari quanto a imbracciare armi e menare le mani con Tom Hardy).
Altro trait d’union tra il vecchio e il nuovo corso di Guerre stellari, l’aggiunta di un terzo piccolo droide rotondo a fianco dei due storici e un po’ arrugginiti. Un po’ arrugginiti e incanutiti lo sono anche Harrison Ford (ma il carisma non è acqua), Carrie Fisher e Mark Hamill (entrambi non hanno goduto di una carriera sfolgorante come quella di Ford). E poi, elementi di continuità e traino nell’immaginario collettivo, restano l’incipit di tutti i film, quella scritta a grandi caratteri che scorre obliqua per aggiornare su ciò che sta accadendo in una galassia lontana, lontana (sigla del “c’era una volta” stellare) e la musica riconoscibilissima di John Williams.
In questa accorta sintesi di antico e nuovo, la trama si barcamena senza troppe fughe in avanti. Del passato ci sono gli abitanti dei vari pianeti, umani insieme a svariate creature antropomorfe, la taverna spaziale dove ci si dà convegno per ogni sorta di affari, le astronavi (un colpo al cuore quando torna a volare il Millennium Falcon di Han Solo), i cambi di scena con chiusura in iris o pagina voltata a vista, i corpi celesti, gli inseguimenti aerei e, ovviamente, le spade laser. Nel racconto, il Primo Ordine ha sostituito l’Impero nell’ambizione di dominio galattico, guidato da un nuovo signore del lato oscuro della Forza, ma gli si contrappongono la Repubblica e i ribelli della Resistenza. Tutti cercano Luke Skywalker, esiliatosi in un nascondiglio segreto. Su questo esile tracciato narrativo si sviluppa il film, con un davvero imprevisto colpo di scena. A ragionarci, ben giustificato, perché è noto dalla psicoanalisi che per andare avanti bisogna (metaforicamente nella realtà) uccidere il padre. Da lì, e dal ritorno di Luke Skywalker (che appare solo nelle ultimissime inquadrature) prenderanno slancio i prossimi due episodi.
Buono il 3D e spettacolari come si conviene, ma senza inutili esibizionismi, gli effetti speciali. In particolare colpisce l’uso delle proporzioni. Piccolissimi, soprattutto in campo lungo, i personaggi rispetto alle