(di Andrea Bisicchia) Raffaele Floro, psicologo e psicoterapeuta, di formazione junghiana, ci introduce con “Alla ricerca di Anima”, 2 voll. Moretti & Vitali, in un mondo che ha come oggetto non tanto l’uomo anatomico, quanto quello psichico, quello della coscienza ammalata e della condotta di vita che ha a che fare con l’Anima, convinto che la psicologia analitica non sia tanto una visione del mondo, come quella della filosofia, quanto una scienza che fornisce strumenti per capire e migliorare tale visione. Dicevo che anche la filosofia ci offre la possibilità di conoscere quella parte dell’anima che coincide con l’essenza delle cose, in una visione, però, molto più ampia che la scienza psicologica accorcia, perché più interessata alla visione del mondo interiore, ovvero a quella dell’inconscio.
L’autore utilizza, nel primo volume, il metodo teorico, a cui fa seguire, nel secondo, quello pratico, proponendo un rapporto con personaggi mitici e immagini archetipiche che corrispondono alle figure dell’inconscio, a cui si arriva attraverso la struttura del viaggio che, dapprima, si presenta come un viaggio verso l’ignoto e che, successivamente, utilizza la suddivisione a tappe, per trasformarsi in un viaggio verso la propria interiorità.
Come sosteneva Jung, esistono quattro gradi dell’Anima nella tarda antichità che corrispondono a quattro forme di erotismo, quello materno di Eva, quello sessuale di Elena, quello puro di Maria, quello sapiente di Sophia. Quale scegliere? Quale viaggio interiore percorrere per metterci, attraverso di loro, sulle tracce di Anima, sapendo che corrispondono alle quattro forme del femminile, quelle che animano il nostro teatro interiore, spesso, incapace di seguire un ordine e, quindi, più propenso a smarrirsi in quel fondo oscuro rappresentato dalla nostra Ombra che, in forma subdola, recita sul palcoscenico della nostra coscienza? Come è noto, il rapporto Luce-Ombra, nella psicologia junghiana, corrisponde a quello tra bene e male, tanto che sarebbe sbagliato integrare con quello del doppio, dovendolo considerare un vero e proprio archetipo.
Per penetrare in questo mondo oscuro, secondo Floro, è necessario utilizzare il rapporto esistente con le quattro figure femminili, il solo che metta nelle condizioni di andare alla ricerca dell’Anima.
Un simile compito non appartiene soltanto allo psicoterapeuta, ma anche al poeta.
Per dimostrare queste sue considerazioni, Floro, nel secondo volume, interpreta, alla luce della scienza clinica, opere come Faust, La Divina Commedia, L’Asino d’oro, con l’annesso Amore e Psiche, col dubbio di chi compie un viaggio rischioso, pieno di insidie e di misteri, simile a quello dei protagonisti di questi testi. Questa facoltà è tipica anche dell’ispirazione poetica che, con i suoi mezzi particolari, sa pervenire al fondo della psiche, tanto che i viaggi che ci racconta, somigliano ad atti utili per prendere coscienza delle proprie capacità gnoseologiche, che, in clinica, corrispondono alla ricerca di una identità perduta.
L’analisi della opere citate, dà la possibilità a Raffaele Floro di intrattenere, con i personaggi protagonisti, il tipico rapporto dello psicoterapeuta col proprio paziente, quello che gli permette di liberarlo dal buio dell’Ombra e proiettarlo nel mondo della Luce, facendo ben uso del metodo analitico.
È questo, in fondo, il tragitto che compiono Faust, Dante, Lucio, quello che permette loro di liberarsi delle “mostruosità” che popolano la loro coscienza.
Raffaele Floro, “Alla ricerca di Anima”. Vol. 1: “L’incontro”. Vol. 2: “Il Ritorno” – Moretti & Vitali 2016 – 2 voll.- pp 740 – € 35