Tanto trambusto per “Cinquanta sfumature”, dal trash cartaceo alle modeste e patinate scene hard sullo schermo

cinquanta sfumature(di Marisa Marzelli) Brillantissima operazione di marketing, fenomeno virale esploso oltre ogni previsione, una tematica che ha toccato corde segrete del pubblico (soprattutto femminile)? Quale sia il motore di tanto trambusto da cento milioni di copie vendute nel mondo è ancora tutto da studiare. Fatto sta che il romanzo best-seller Cinquanta sfumature di grigio, con i suoi seguiti di altrettante sfumature di nero e di rosso, per quanto controverso, stroncato, irriso, bollato come spazzatura approda ora al cinema dalla porta principale, proiettato in anteprima in un tempio dei film d’autore come il Festival di Berlino. Il film, prima ancora di uscire, ha già venduto in prevendita biglietti per 60 milioni di dollari.
Partiamo dai libri della britannica E.L. James, che non sono nati come libri ma come fan-fiction, un fenomeno relativamente nuovo, ben conosciuto dagli utenti della rete. Una fan-fiction è un lavoro scritto (soprattutto in internet, dati i minimi costi) da un appassionato a partire da un’altra opera preesistente, cambiando nomi dei personaggi e luoghi per dare una propria versione della storia, alterando la trama originale o altro. Insomma, una variazione sul tema che non si può del tutto definire plagio.
La genesi delle Sfumature è interessante. E.L. James scrisse in rete, con uno pseudonimo, una fan-fiction di Twilight (altro enorme successo mediatico, sia i libri di Stephenie Meyer che i relativi film) in chiave più erotica, immaginando i rapporti sotto le lenzuola tra Bella e il vampiro Edward. Il lavoro venne poi riscritto come e-book originale e successivamente stampato, ottenendo il boom editoriale. Per questo Salman Rushdie, parlando delle Sfumature, ha commentato acidamente: “Al confronto, Twilight sembra Guerra e Pace”.
La trilogia cartacea – recensita da molti come trash – era stata tacciata di porno per mamme, collezione Harmony spinta, scoperchiamento di inconfessati desideri femminili. Insomma, il marchese de Sade tradotto in subcultura popolare di massa. Inevitabile che il film, il quale ha una sua (modesta) dignità, soffra dei pregiudizi legati alla stroncatura dei libri. Ma in sostanza è una commedia romantica, seppure accessoriata di scene hard. Certo, è molto patinato, è una fiaba (nel senso in cui lo era Pretty Woman) però s’ingegna di proporre una certa complessità narrativa; le scene erotiche sono limitate al giusto per non incorrere in un divieto ai minori troppo penalizzante. È un film tutto di donne: l’autrice (che ha ottenuto la supervisione e la scelta degli attori), la sceneggiatrice Kelly Marcel, la regista Sam Taylor-Johnson.
La storia, per chi ancora non la conoscesse, è l’incontro di Anastasia (Dakota Johnson, figlia di Melanie Griffith e Don Johnson, che era il biondo della serie tv Miami Vice), ragazza un po’ goffa e all’inizio poco sicura di sé, e del giovane miliardario Christian Grey (Jamie Dornan), dal passato misterioso e maniaco del controllo. I due si piacciono, ma lui le propone di firmare un contratto in cui siano stabiliti tutti i dettagli dei loro incontri erotici, incentrati sul rapporto dominante/sottomessa. Nella prima parte del film (nell’insieme troppo lungo) ci si sorprende a pensare che anni di lotte femministe siano trascorsi invano, perché la ragazza è affascinata dall’uomo ricco e potente, di classe sociale superiore, pericoloso (quando le mostra la sua camera dei giochi sado-maso chiusa a chiave sembra che si apra la stanza segreta di Barbablù) e forse segnato da traumi infantili; ma poi si stanca di sculacciate e decide di mollarlo (salvo riprenderlo nei sequel). È un rapporto grigio, pur tra tanto lusso e potere e – il punto di vista è femminile, molti uomini rifiuteranno di riconoscersi nel protagonista – affiorano concrete tematiche di genere. Del tipo, va bene l’innamoramento e la fissa, tutta femminile, di riuscire a cambiare il partner, ma quando il comportamento di lui vira verso l’ossessione e lo stalking devono scattare campanelli d’allarme. Se scattino o meno, in un pubblico giovanile di sicuro conquistato dalla ricchezza degli ambienti e da un glamour diffuso è difficile dire. Come è difficile dire come evolverà nei prossimi due film una storia così in bilico sul filo del rasoio del ridicolo oppure del truce. In cui potrebbe precipitare anche un’estetica per ora accettabile.
Buona prova della fresca Dakota Johnson, mentre il belloccio da copertina Jamie Dornan (infatti è anche modello) è legnoso e poco tenebroso. Dove sta tutto il carisma del suo torbido personaggio? In ogni caso, niente a che vedere con l’alchimia di Mickey Rourke e Kim Basinger in Nove settimane e mezzo, film-faro irraggiungibile (citato in una scena erotica con cubetti di ghiaccio) per queste tenui Sfumature.