MILANO, venerdì 16 gennaio
(di Emanuela Dini) Una Locandiera pop, metà Barbie metà Marilyn, femmina emancipata inguainata in una tuta aderentissima rosa fucsia con l’ombelico in vista, parrucca biondo platino e gesticolare aggressivo, che si muove in una casa dichiaratamente finta, dalle pareti rosa confetto lucide con lampade di design colorate che si accendono e spengono a suon di musica disco anni ’80.
Bah….chissà quante capriole nella tomba si sarà fatto Carlo Goldoni a vedere “rivisitata” (ma perché quel sottile fastidio e profondo sospetto ogni volta che ci si imbatte in quest’infausto vocabolo, soprattutto se anteposto a nomi quali Goldoni, Shakespeare e altri autori di mastodontica autorevolezza?) in siffatta modalità la sua Locandiera!
La commedia, scritta nel 1753 e preceduta da una feroce nota dell’autore “ho voluto dar un esempio di questa barbara crudeltà, di questo ingiurioso disprezzo con cui (le donne) si burlano dei miserabili che hanno vinti, per mettere in orrore la schiavitù che si procurano gli sciagurati, e rendere odioso il carattere delle incantatrici Sirene”, è in realtà omaggio e tripudio dell’astuzia e delle tecniche seduttive con cui, da sempre, il genere umano femminile si è preso gioco di quello maschile. Un gioco, appunto, portato avanti con levità e strategia, eleganza e inganno, sottili mosse di fioretto e danza di parole e sotterfugi.
Niente di questa leggerezza è rimasta nella versione firmata da Corrado d’Elia – che ritaglia per sé il personaggio del Cavaliere di Ripafratta – e in scena al Teatro Litta fino al 25 gennaio, ma anzi, qui il tripudio è quello delle urla sguaiate, dei costumi pacchiani in plastica lucida, delle caratterizzazioni esageratamente grottesche di tutti i personaggi, con il clou di Ortensia e Dejanira come isterici travestiti, delle gag di stampo televisivo ripetute una volta di troppo. L’abilità degli interpreti è fuori discussione, ma qualche urletto di meno avrebbe giovato.
E in questo chiassoso luna park di 75 minuti senza intervallo arriva a sembrare persino strana e fuori luogo la rigorosa fedeltà al testo, che – recitato con toni esagerati e privi di malizia – riesce a ridurre il Marchese di Forlipopoli e il Conte d’Albafiorita a due rozze caricature e trasforma Mirandolina in una sgallettata pin up.
Il pubblico che riempiva metà sala rideva e ha applaudito convinto.
“La Locandiera” di Carlo Goldoni per la regia di Corrado D’Elia, con Monica Faggiani, Corrado d’Elia, Alessandro Castellucci, Gustavo La Volpe, Andrea Tibaldi, Marco Brambilla, Tino Danesi. Teatro Litta, Corso Magenta 24. Milano. Repliche fino a domenica 25 gennaio.