Tra monti e caprette, ecco la pastorella Heidi, la piccola eroina che ha conquistato lettori e spettatori di tutto il mondo

31.3.16 heidi(di Marisa Marzelli) Il cinema svizzero non è tra i più gettonati a livello internazionale, eppur la nuova versione di Heidi (una coproduzione con la Germania) – già record al botteghino casalingo con sinora mezzo milione di spettatori e oltre due milioni e mezzo all’estero – è stata venduta in una cinquantina di Paesi (anche al box office italiano si difende bene). Regista lo zurighese Alain Gsponer, il film in live action ripropone uno dei titoli più famosi della letteratura per l’infanzia, scritto dalla grigionese Johanna Spyri (1827-1901) e pubblicato nel 1880. Ma è probabile che i più conoscano la storia della pastorella Heidi dalla versione a cartoni animati giapponese disegnata da Hayao Miyazaki nel 1974 che, detto per inciso, ha portato negli anni successivi ad un incremento non indifferente del turismo nipponico nella Confederazione elvetica.
Dire Heidi in Svizzera è un po’ come dire Pinocchio in Italia. Al cinema e in tv si contano molte versioni, con pellicole dal vivo (nel 1937 con la bambina prodigio hollywoodiana Shirley Temple) o cartoon. L’ultimo precedente svizzero risale al 2000, diretto dall’elvetico Markus Imboden e con nel cast Paolo Villaggio nel ruolo del nonno di Heidi. C’era bisogno, così a ridosso, di un nuovo remake, molto fedele allo spirito ottocentesco del racconto? Stando al successo di pubblico pare di sì, anche perché dopo il boom della letteratura per giovani adulti trasposta al cinema (dalla serie Twilight in avanti) c’è ora grande attenzione produttiva al target degli spettatori più piccoli, capaci di trascinare al cinema tutta la famiglia. Sulla scia del successo francese Belle et Sebastien. E anche gli americani stanno pensando di riesumare Heidi, i suoi monti, le sue caprette.
Depurato di tutte le leziosità stratificatesi nel tempo, il nuovo Heidi sceneggiato da Petra Volpe (sceneggiatrice e regista appartengono alla generazione dei quarantenni) intende tornare alle origini del romanzo della Spyri. Che non era solo un racconto edificante e sentimentale sulla ragazzina anticonformista (in questo senso di valore universale) ma nelle intenzioni dell’autrice voleva anche trattare, in chiave storica e sociale, la prima fase della rivoluzione industriale. Mettendo a confronto un’umanità contadina di montagna, poverissima e per lo più analfabeta, con la borghesia urbana benestante.
La zia di Heidi, trovato un lavoro in città, deve affidare l’orfanella di cinque anni allo scorbutico nonno (Bruno Ganz, molto convincente) che vive in una baita isolata sui monti. Heidi si trova subito bene all’aria aperta, “addomestica” facilmente il nonno e diventa amica del quasi coetaneo Peter, pastore di capre. Ma la zia si rifà viva per portarla in città (a Francoforte), dove dovrà fare compagnia a Clara, solitaria figlia invalida del suo datore di lavoro. Per Heidi è un mondo nuovo, con rigide regole di galateo (ferreamente imposte dalla terribile governante Rottenmeier) e la necessità di imparare a leggere e scrivere. A cavallo tra due realtà così diverse, la positiva e sveglia Heidi dovrà scegliere il suo futuro, aiutata da persone comprensive, osteggiata da altre.
Il progetto risale a sette anni fa e i film ha richiesto un lungo lavoro di post-produzione in computer grafica per cancellare tutti i segni della modernità, dai tralicci agli sky lift, anche se è stato girato in un villaggio grigionese vicino ai luoghi originali del romanzo.
Ne esce una narrazione non troppo melodrammatica, sebbene l’impianto sia quello delle disavventure ottocentesche di bambini poveri; ben costruita e a misura di spettatori giovanissimi; i quali s’immedesimano subito nelle difficoltà affrontate con spirito battagliero e purezza di cuore dalla piccola eroina, si appassionano alla natura, all’imponente incombere delle montagne e colgono il messaggio ambientalista. Un altro aspetto sottolineato dal film, e che i bambini afferrano subito, è come le persone che ruotano attorno ad Heidi si comportino, anche senza rendersene conto, con un certo egoismo. Chi le vuole bene la vuole per sé, spesso senza preoccuparsi di ciò che desidera lei. Meno sviluppati sono invece i singoli caratteri (esclusa la protagonista) o le motivazioni dei loro comportamenti. Ad esempio, perché il nonno, che in fondo ha un cuore d’oro, è temuto e tenuto a distanza dai valligiani?
Sul piano visivo, il film abbonda di dettagli; buono e senza momenti di noia il ritmo; ottima la scelta della protagonista AnukSteffen grigionese come il personaggio; solare, ottimista ed energica, dotata di una spigliatezza tutta moderna. E anche tutti gli altri hanno il look giusto.

“Heidi” (Svizzera/Germania, 2015), Regia di Alain Gsponer. Con Anuk Steffen, Bruno Ganz, Isabelle Ottmann, Quirin Agrippi, Katharina Schüttler, Hannelore Hoger, Maxim Mehmet.