Trionfi arroganze corruzione e disperazione. Cioè Napoli. Strepitoso monologo d’un camaleontico Enrico Ianniello

iannielloMILANO, venerdì 13 novembre (di Emanuela Dini) Un palco nudo, una sedia barocca in un angolo, suggestioni di luci pulite e ombre cinesi e un uomo solo in scena a giocare un caleidoscopio di personaggi, voci e storie sullo sfondo di una Napoli corrotta e disperata, pronta a essere venduta «Il Vesuvio, Chiaia, il mare…dobbiamo vendere la vita della gente che ci vive» e trasformata in un gigantesco parco dei divertimenti.
“Eternapoli”, monologo di un’ora e mezza filata con uno strepitoso Enrico Ianniello che firma anche la regia, è tratto dal romanzo “Di questa vita menzognera” di Giuseppe Montesano (nel 2003 vincitore del premio Viareggio-Repaci) e porta in scena i trionfi e le arroganze dei Negromonte, padroni indiscussi della città, pionieri di una nuova economia di rapina, collusi col potere, legati a riti e tradizioni da fasto borbonico.
Nessuno scrupolo, nessun valore, nessun rispetto e la sola logica dell’arricchimento e della scalata al potere caratterizzano i Negromonte, in un testo carico di amarezza, cinismo e angoscia «Avrai il mondo e il potere di sputarci sopra», stemperato qua e là da tocchi di comicità surreale e ironia «Andava a fare le condoglianze ai funerali degli sconosciuti così si sentiva più in salute» che la parlata napoletana stretta rende irresistibili.
Enrico Ianniello, solo in scena e vestito sempre con lo stesso sobrio completo grigio che ricorda gli abiti dei seminaristi, riesce a dar vita in un camaleontico mutare di voci, gesti, atteggiamenti, cadenze e posture a una serie sterminata di personaggi: il nonno capostipite, i figli, le mogli, il dandy, il servitore, l’accorato nipote Andrea (che finirà suicida).
Gli basta piegare la testa da un lato e con voce roca diventa il nonno capostipite, raddrizza la schiena ed ecco che si trasforma nel figlio, si siede rigido e impettito con la bocca stretta e un filo di voce e impersona una delle nuore, si lascia cadere sulla sedia preparando uno zabaione ed è la matriarca. Senza nessun artificio scenico, senza cambi d’abito o costumi né oggetti o decorazioni «che avrebbero potuto far cadere facilmente nel bozzettismo», ha spiegato.
Sullo sfondo, drammatica e grottesca, una Napoli amorale e ostaggio del malaffare «Il nuovo regno di Eternapoli, potere centrale, esercito, televisioni….» nega qualsiasi speranza di riscatto, mentre la scena finale, con il racconto di una surreale lotta tra aragoste e capitoni, si chiude con la vittoria delle cozze «che si nutrono di liquami e fogne». E non è una gran consolazione.
Un pubblico folto e attento ha applaudito calorosamente ed ha aspettato Ianniello all’uscita, dove lui si è fermato a lungo a chiacchierare con tutti regalando anche una mini lezione di lettura teatrale a un gruppo di studenti che aveva assistito allo spettacolo.

ETERNAPOLI, dal romanzo “Di questa vita menzognera” di Giuseppe Montesano, drammaturgia Giuseppe Montesano e Enrico Ianniello, con e regia di Enrico Ianniello (anche regia). Al Teatro Franco Parenti, Via Pier Lombardo 14, Milano. Repliche fino a domenica 29 novembre.