Truce favola di Pupi Avati, come quelle che si raccontavano in campagna d’inverno prima di mandare a letto i bambini

(di Andrea Bisicchia) Esistono modi diversi di trattare l’horror, c’è quello che mira al fantastico, al meraviglioso, c’è quello che mira all’eccesso, che si tinge di sangue, c’è quello originato dal perturbante, c’è quello dei morti ammazzati e c’è quello dei racconti invernali, nelle cascine di campagna, per spaventare i bambini prima di andare a letto.
Pupi Avati, nel suo ultimo film “Il Signor Diavolo”, sceglie l’andamento favolistico con quel tanto di poetico che caratterizza la sua filmografia, riuscendo, nel frattempo, a mescolare il diavolo e l’acqua santa , come si diceva negli anni Cinquanta, come dire che l’horror di Avati appartiene al suo stile ironico, persino epico, perché il regista si pone in una posizione di distacco rispetto a ciò che racconta, in maniera tale che rivela la levità con cui affronta il problema del male, svelandone, agostinianamente, la sua natura ontologica e, quindi, la sua sacralità, rivendicandone, contemporaneamente, il valore assoluto, proprio in un momento in cui il male sembra non interessare a nessuno.
La storia è ambientata nel 1952, durante il Governo De Gasperi, in fibrillazione, pochi mesi prima delle elezioni amministrative, per le avanzate delle sinistre. Nella campagna veneta, prossima alla Romagna, è accaduto uno scandalo che il governo vorrebbe insabbiare per non perdere voti. A risolverlo è inviato un funzionario ministeriale, non per cercare la verità, che sembra nota a tutti, ma per evitare lo scalpore che l’avvenimento stava suscitando. La prima scena ci mostra una figura diavolesca e deforme mentre è intenta a sbranare un bambino nella culla. È l’inizio dell’horror che, per Avati, ha un valore allegorico che si materializzerà nell’uccisione di un ragazzo, dal volto animalesco, da parte di un coetaneo, convinto di uccidere il diavolo. In paese si vociferava che la sua nascita fosse dovuta all’accoppiamento della madre con un maiale, evento che fa pensare all’accoppiamento di Pasifae col toro, da cui nascerà il Minotauro. Avati fa convivere il mito antico con quello della cultura contadina.
L’ambientazione scelta è quella della bassa padania, dove, negli anni Cinquanta, regnava la superstizione, quando si credeva ancora nell’esorcismo. È noto che, nella cultura contadina, il deforme coincide col diavolo, specie se caratterizzata da ignoranza e miseria e se governata dalla Chiesa. Non per nulla, dietro l’omicidio, si muovono suore e sagrestani.
Pupi Avati tratta questa materia con l’occhio dell’antropologo, visto che ci si muove in un ambito quasi tribale, dove i fanciulli sperimentano la vita allo stato naturale, pronti a pagare, con un pollo o un coniglio, la giovane che mostra la sua nudità. In questo stato di natura, occupano un posto particolare, sia la superstizione che la fede, fino a supporre che si possa essere uccisi dai danni che esse riescano a produrre. Per ricordarci l’ambientazione, Pupi Avati utilizza immagini attaccate al muro, si intravedono quelle di Papa Pacelli e del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, ci sono poi le Fiat berline utilizzate dalla Polizia, ma un posto particolare occupano le fionde, il vero divertimento per i giovani, durante gli anni Cinquanta, quando con esse si poteva anche uccidere, come è accaduto per l’omicidio per il quale il funzionario sta cercando la verità, quella che si porterà nella tomba, complici apparati deviati della Chiesa, quando i preti erano i depositari della vita e della morte dei parrocchiani, avendo costruito il proprio potere sul Signor Diavolo.
In Avati c’è una nostalgia di quel periodo tetro, buio come buie sono gran parte delle sue immagini anche perché la paura del buio faceva anch’essa parte della cultura contadina. Se l’horror diventa fonte di queste riflessioni, preghiamo Avati di realizzarne ancora.
Il film si avvale della interpretazione di Gabriele Lo Giudice, Filippo Franchini, Cesare Cremonini e dei suoi attori di sempre: Alessandro Haber, Andrea Roncato, Lino Capolicchio. Mancava Carlo Delle Piane, morto mentre il film stava per finire.