“Turandot” inaugurale con manifestazioni da stadio. Ma ora per “Tosca” una vera esultanza. Con colpo di scena finale

TORRE DEL LAGO (Viareggio), lunedì 16 luglio ► (di Carla Maria Casanova) Dopo la “Turandot” inaugurale che ha suscitato applausi quasi da schiamazzi (be’, l’avevano anche preparata ad hoc, l’apertura del 64° Puccini Festival, diretta dallo stesso Presidente della Fondazione Alberto Veronesi e con la regìa del divo Alfonso Signorini, da tempo fan della lirica (e fatto oggetto di manifestazioni prossime allo stadio), dopo dunque questo lieto evento, la popolarissima “Tosca” puntava su un altro nome di richiamo: Giancarlo del Monaco, regista.
Giancarlo è figlio di Mario “il” tenore. Il quale Mario proprio a Torre del Lago fece il suo ultimo debutto, che fu anche l’ultimo suo spettacolo, tanto per finire in bellezza: “Il tabarro”.
Giancarlo, che pare sempre un ragazzo ma i suoi anni incomincia ad averli anche lui, ogni volta che lo incontro ha una nuova moglie, sempre più giovane naturalmente. La attuale, graziosissima, soprano croato, è la quarta, anni 32, dieci di meno di Stella, la prima figlia. Insomma, le cose vanno (anche) così.
Giancarlo ha una lunga carriera, svolta principalmente in Germania, dove è stato per anni Intendant a Bonn e in altri siti. Lui è pieno di idee, a volte un po’ bizzarre, ma di solito intelligenti. In questa “Tosca”, per esempio, se i primi due atti si svolgono nella assoluta tradizione, nell’ultimo ecco la zampata. Cavaradossi, che ha subìto le torture di cui “abbiamo uditi i lamenti” quando Scarpia ha fatto “aprire le porte”, arriva in scena sugli spalti di castel sant’Angelo, in barella, lacero e sanguinante, oramai più morto che vivo. (Scena di bellissimo taglio, dominata dalla statua dell’angelo). Lì lui dovrà “esser fucilato, per finta, s’intende, ad armi scariche” (che invece, come è noto, sono stracariche). Non ha senso infatti fargli cantare “E lucean le stelle” tutto bello azzimato, come succede di solito. Dove e quando si sarebbe ripulito? Mentre lo conducevano al capestro? Qui, per ucciderlo definitivamente, il capitano del plotone lo fa sedere su una sedia, in proscenio, schiena agli esecutori (visto che le armi sono “cariche”… il direttore d’orchestra è in una posizione pericolosa). Colpo di scena finale: Cavaradossi, che ha intuito il tradimento di Scarpia, vuole affrontare l’esecuzione in faccia: si alza, scaraventa via la sedia e si lancia contro il fuoco, che lo stende. Allora Tosca, scoperta la tragica realtà, all’arrivo delle guardie sale sul piedestallo della statua dell’angelo e da lì si butta: tutto realisticamente perfetto.
I 3400 spettatori del Gran Teatro esultano. Non certo per l’atrocità dell’epilogo ma per lo spettacolo davvero ben gestito. Un handicap: la attigua villa Orlando organizza feste diurne e serali: peccato che fanno musica (da ballo) della quale si sono sentiti improvvidi echi nel bel mezzo di “Vissi d’arte”. Pare che le ripetute segnalazioni non sortiscano nessun effetto.
Le repliche di “Tosca” avverranno il 4 e il 12 agosto, con cast diversi. La sera della prima abbiamo sentito He Hui (protagonista), Stefano La Colla (Cavaradossi), Carlos Almaguer (Scarpia), tutti e tre cantanti onorevoli. L’orchestra del Festival Puccini era diretta dall’ottimo Pedro Hallfter.