MILANO, giovedì 2 marzo ► (di Paolo A. Paganini) Il pudore è un sentimento relativo. Se uno entra vestito in una spiaggia di nudisti, è lui a sentirsi imbarazzato. Mi è parso di capire che proprio sul pudore sia incentrato lo spettacolo di Emma Dante, al Piccolo Teatro Strehler, “Bestie di scena”, spettacolo di nudo integrale. C’è anche un filo sottile che percorre una più sotteranea tessitura, come la tentazione d’un lavoro a tesi, su “pudore e società”, su “evoluzione del pudore tra cultura e politica”, anche se l’assunto ha contenuti sfuggenti, sovrastati dalla fisicità di questi quattordici eccezionali interpreti in una eclettica perfomance ginnico/ballettistica, tanto che lo spettacolo sembra più fine a se stesso che non portatore di messaggi o mirato a chissà quali maliziosi scandalismi. Semmai, l’esibizione di tanta nudità risponde a una specie di rituale più estetico che morale, come distaccata rappresentazione della miseria e nobiltà del corpo umano, nudo nelle le sue imperfezioni, nudo nella stupefacente bellezza della sua armonia.
Lo svolgimento dello spettacolo di Emma Dante, tutto visivo e coreografico in senso lato, è semplice e lineare, come un paradigma. Soprattutto, come si sarà capito, non concede indulgenze ed ammiccamenti all’eros, al porno, all’osceno. Il tutto è di una candida e ammirevole ingenuità.
Si entra in sala quando, tra sport e ginnastica ritmica, i giovani performer, maschi e femmine in tuta e scarpe da ginnastica, stanno già lavorando sul corpo. E così continuano per un ‘altra mezz’ora in sincrono perfetto, in un silenzio scandito solo dall’unisono dei passi. Ai limiti dello sfinimento. Un comune mortale dopo dieci minuti si sarebbe accasciato esausto.
Infine, dopo questi frenetici esercizi preparatori, i quattordici protagonisti si presentano sul proscenio, e, come in uno spogliatoio prima della doccia, cominciano a togliersi di dosso magliette, mutande, calze e scarpe – che lasciano cadere in platea – rimanendo nudi come mamma, mentre gli spettatori ammutoliscono in un silenzio da tagliare.
E da qui, per sessanta minuti, in una nevrosi senza soluzione, come una condanna, come un delirio o una coercizione dantesca, corrono a perdifiato, dissetandosi da una tanica d’acqua in comune, coprendo con la mano, come possono, le pudende. È duro a morire il senso del pudore, perfino se giocano, se si slanciano in piroette, se ballano, se si scatenano in numeri di ginnatica attrezzistica, se fendono l’aria con un fioretto, se scivolano, se perdono l’equilibrio su un pavimento sdrucciolevole…
Ma poi la complicità della squadra improvvisamente si spezza in un litigio al suono di Only You.
Dal litigio alla rissa, alla rabbia. Solo allora vengono meno i freni inibitori. E il senso del pudore si dissolve. È inutile coprirsi ipocritamente, quando si scatena la bestia, quando diventa scimmia sconcia e impudica, esprimendosi a mugugni e ancestrali fonemi in un darwiniano ritorno a un’ideale pianta primigenia. E intanto si buttano in una distesa di noccioline in avido possesso, gettandone provocatoriamente al pubblico in gabbia, cioè in platea.
La rissa è dunque oscena metafora della guerra, quando gli uomini s’imbestiano in una irrazionale ancestralità di odio o di possesso. Questo è lo scandalo. Non l’esibizione delle nudità.
Infine, acquietati gli animi, la bestia ridiventa persona, la scimmia s’è evoluta, è tornata uomo e donna. Ora, bisogna ripulire la caverna (il palcoscenico). Tutti con scopa e stracci a raccogliere, sfregare, riordinare. L’ordine è civiltà, la forma è cultura, la pulizia è rispetto. Piovono abiti civili, nella stupita fissità di una nudità che non ha più bisogno di nascondersi. Ormai non c’è più nulla da nascondere. Nuda è la verità. E non ci sono vie di fuga. La scena rimane una condanna. Con le sue bestie.
Ammirevole il senso di disciplina, di ritmo, di coesione, in una partecipazione attoriale generosa fino alla dedizione di sé. Gli attori e le attrici provengono da molte discipline e svariate esperienze artistiche, chi dalle accademie, chi da studi musicali, chi da preparazioni universitarie, chi dalla danza, chi dalle scuole di teatro: tutti giovani professionisti. Tutti da applaudire in corale consenso, unitamente all’autrice e regista Emma Dante, alla quale va riconosciuta una tetragona dose di coraggio in un così difficile e scabroso allestimento.
Si replica fino a domenica 19 marzo.
“Bestie di scena“, ideato e diretto da Emma Dante – Con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci, Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Alessandra Fazzino, Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino, Stephanie Taillandier, Emilia Verginelli, Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara – Elementi scenici Emma Dante– Al Piccolo Teatro Strehler, Largo Greppi, Milano.
Informazioni e prenotazioni:
0242411889
www.piccoloteatro.org