MILANO, venerdì 8 dicembre ► (di Carla Maria Casanova) E anche questa è fatta. Niente buu, niente fischi (che d’altra parte non si usano neppure più), niente risse né schiamazzi. L’apertura della Scala con Andrea Chénier di Giordano che tante ansie aveva generato, è andata via liscia, anzi è stato un grande successo e tutti tiriamo il fiato. L’opera essendo stata trasmessa in diretta su Rai Uno, immaginiamo che chiunque abbia un pur recondito interesse l’abbia vista. Non fosse altro per ammirare la sfilata delle spettatrici, tornate agli antichi splendori della moda (tutte in lungo, pantaloni addio).
Continua a mancare nel pubblico, questo è vero, la presenza di “personaggi” che un tempo erano Wally Toscanini, la Begum, Grace Kelly, Elizabeth Taylor… Le persone in questione non ci sono più, facciamocene una ragione. Peccato che manchino del tutto attuali equivalenti. Per fortuna non è saltato l’Inno Nazionale, (tutte le scuse paiono buone per non suonarlo). Invece, appena salito sul podio, Chailly ha dato il via al sordo rullìo inconfondibile che annuncia l’Inno di Mameli. Brutto fin che si vuole ma è il nostro, è l’Italia, e allora si suona. E magari ci si commuove.
Dunque Andrea Chénier, assente da 32 anni dalla Scala (la serata era dedicata a Victor de Sabata , nel 50enario della scomparsa). Non è un’opera di esagerata bellezza, diciamolo, ma nemmeno tanto brutta per metterle l’ostracismo cui volevano destinarla. E poi, come sempre, tutto sta nel come viene data.
Due righe di storia. Nel 1895 il 27enne Giordano è in un momento di crisi. Occorre un incoraggiamento. Gli viene dal barone Franchetti, compositore anche lui, che fa il bel gesto di cedergli i diritti di un nuovo libretto di Illica, poeta di grande successo, impegnato in quel mentre con la Bohème di Puccini. Bisogna quindi stargli sotto (a Illica). E Giordano lo fa alla lettera, prendendo alloggio nel magazzeno di un palazzo in prossimità del Cimitero Monumentale, nel quale (palazzo) abita Illica. Giordano entra subito nel soggetto, e compone, assoggettandosi alla manipolazione politica di sinistra radicale e socialista: di tali idee infatti Chénier risulta propugnatore ante litteram.
La prima assoluta di Andrea Chénier va in scena alla Scala il 28 marzo 1896. È trionfo. Presto, anche oltre Oceano. Giordano, che nel frattempo ha sposato la ricca Olga Spatz, figlia del proprietario del Grand’Hotel et de Milan, vive in un nembo di gloria e felicità.
Il tema della rivoluzione, in questo caso francese, rientra in modo particolare nelle corde di Mario Martone, regista, per averlo approfondito nella prosa (La morte di Danton) e nel cinema (Noi credevamo). Le Rivoluzioni, si sa, si producono per un sacco di motivi lievitati in anni (secoli) di soprusi, vessazioni, scontenti. Ma non è mai il ceto oppresso a generarle. È un manipolo di intellettuali, con mire diverse. Fatale che le Rivoluzioni degenerino in eccessi orripilanti. A volte comici, come la presa della Bastiglia “conquistata con valore e audacia” da una “folla inferocita e armata” che si trovò a fronteggiare 82 soldati veterani non più idonea al combattimento e 32 Guardie svizzere. Come si sa, i prigionieri liberati furono 7 (4 falsari e 3 dementi). Purtroppo molto comico non fu il seguito (della rivoluzione).
Martone ha creato uno spettacolo nella linea della più fiera tradizione, il che va benissimo, quando non si decida di darne una versione nuova. Il melodramma “autentico” è questo.
Straordinari i movimenti delle masse (vedi la sezione del Tribunale rivoluzionario). Scene impeccabili di Margherita Palli la quale, storica collaboratrice di Ronconi, ha dato prova di saper compiere ben altre prodezze. Inappuntabili i costumi settecenteschi di Ursula Parzak. Noiosine, si sa, le coreografie.Quanto al cast, evitando inutili compianti sui tempi (e gli interpreti) passati, riassumerei così: qui ce n’è uno perfetto, per voce, timbro, modo di cantare, dizione, interpretazione scenica: è Luca Salsi, baritono, nei panni di Gérard. Della coppia Anna Netrebko-Yusif Eyvazov (Maddalena-Chénier), la bella, notevole voce di lei è come sempre usata in modo meccanico, scarsa la partecipazione; la non bella (brutta?), possente voce di lui è usata ai limiti delle sue possibilità, con una disciplina e uno studio ammirevoli (perfetta la dizione). Da non sottovalutare il fegato per affrontare un simile ruolo (e come debutto alla Scala!), altra qualità che dovrebbe portarlo lontano. Ottimi nella parti secondarie Gabriele Sagona (Roucher), Mariana Pentcheva (Contessa), Judit Kutasi (Madelon), Carlo Bosi (Un Incredibile).
Riccardo Chailly ha aiutato i suoi cantanti come più non avrebbe potuto. A loro totale disposizione. E con personali raffinatezze che alla partitura così denigrata si volevano disconoscere. Tanto di cappello.
“ANDREA CHÉNIER”, di Umberto Giordano – Libretto di Luigi Illica – Direttore Riccardo Chailly – Regia Mario Martone – Scene Margherita Palli – Con Yusif Eyvazov (Andrea Chénier), Anna Netrebko (Maddalena di Coigny), Luca Salsi (Carlo Gérard). Al Teatro alla Scala, Milano. Repliche: 10, 13, 16, 19, 22 dicembre 2017 – 2, 5 gennaio 2018.
Infotel: 02 72 00 37 44
www.teatroallascala.org