MARTEDI 22 LUGLIO
(di Andrea Bisicchia) Su Eduardo esiste una bibliografia sterminata, pari a quella di Pirandello, solo che entrambi costituiscono una fonte di ricerca inesauribile che permette agli studiosi di confrontarsi con puntuali scoperte e contributi, magari apparentemente piccole, ma grandi dal punto di vista interpretativo.
Il contributo a cui mi riferisco è quello di Giulio Baffi, critico e saggista, oltre che archivio vivente del teatro napoletano, il quale raccolse, nel 1979, in un registratore, il testo di “Sik-Sik l’artefice magico”, che Eduardo ripropose, al teatro San Ferdinando, di Napoli , insieme a “Il berretto a sonagli” di Pirandello.
Il testo era stato scritto nel 1929, in forma di appunti in treno, durante un viaggio Roma-Napoli, sulla carta dove erano stati accartocciati un pezzo di pane, un po’ di formaggio e una pera, si trattava di una farsa di pochi minuti, da inserire in uno spettacolo di rivista: ”Pulcinella principe in sogno”, andata in scena nel 1930. Fu un successo inaspettato, perché il pubblico non smetteva di ridere, tanto che Eduardo lo tenne sempre in mente fino a trasformarlo in un atto unico.
Quando lo ripropose a 79 anni, per due mesi, a teatro sempre esaurito, il testo rimase quello definitivo che conosciamo grazie all’apporto decisivo di Giulio Baffi che ora lo ripropone in volume, edito da Guida, corredato da un CD.
Vidi lo spettacolo a Milano, l’anno successivo (1980), non più con “Il Berretto a sonagli”, bensì con “Gennariniello” e “Dolore sotto chiave”. Il miracolo fu lo stesso, come il pubblico di Napoli, anche quello di Milano, tutto in piedi, non finiva di applaudire. In tanti fummo testimoni di una serata indimenticabile, con alcuni spettatori che volevano toccare l’autore-interprete così come si tocca un santo, mentre altri urlavano: “Eduardo, sei tutti noi”.
In verità, il teatro, in quanto spettacolo dal vivo, è il solo capace di trasmetterti simili emozioni. Cosa aveva di magico Sik-Sik? Non certo la storia, che è quella di un prestigiatore, morto di fame che, trovandosi, improvvisamente, senza la “spalla”, da dover sostituire, all’ultimo momento, con un malcapitato, stava per causare la morte della moglie incinta, rinchiusa in un baule, da cui non poteva uscire perché non si trovavano le chiavi giuste.
Certamente a determinarne il successo furono il linguaggio, con i suoi strafalcioni, con le sue onomatopeie e cacofonie, e l’interprete che utilizzò la buffoneria come arma per denunziare la miseria morale della società che rideva di se stessa. Non per nulla, nell’ultima battuta, quando il lazzo stava per concludersi felicemente, Eduardo dirà: “Ho fatto un giuoco di metaforfora”, alludendo alla metafora del suo plot, apparentemente sgangherato costruito sulla deformazione linguistica, come farà Peppino col personaggio di Pappagone.
Chi ama Eduardo non può non essere riconoscente a Giulio Baffi, non solo per aver “raccolto” il testo, ma per averlo pubblicato con le recensioni del ‘79-‘80, e per averlo corredato con un glossario, con una fraseologia e con l’elenco di tutte le commedie, con le date di composizione e di rappresentazione.
“Sik-Sik l’artefice magico”, di Eduardo De Filippo, testo registrato e raccolto da Giulio Baffi – Guida Editore 2013, pp 120, Euro 15
Tutto serve. Anche un cartoccio di pane e formaggio. In treno, su quella stessa carta, Eduardo scrisse “Sik-Sik”
22 Luglio 2014 by