MILANO, giovedì 22 gennaio ●
(di Emanuela Dini).È un Arlecchino dalle mille identità, tante quante i colori del suo costume, quello portato in scena da Paolo Rossi in “Arlecchino”, al Teatro dell’Arte.
Maschera della commedia dell’arte; giullare di palazzo con il permesso di dire tutto quello che vuole, anche le verità più scomode; saltimbanco e vagabondo, surreale “viaggiatore” tra questo nostro mondo e l’Aldilà, questo Arlecchino stralunato è in realtà una sorta di alter ego di Paolo Rossi, e il pretesto per fare un riassunto della sua vita e del suo mestiere.
Su una scena fissa dal fondale che richiama Chagall (un omino con la faccia verde e una giacca “multicolor” che vola sui tetti di una città, accanto a lui una chitarra alata e dei libri che svolazzano), Paolo Rossi, accompagnato da una band di tre orchestrali (fisarmonica, contrabbasso, chitarra) mescola note autobiografiche, ricordi e omaggi ai suoi maestri Strehler e Jannacci, riflessioni e note didattiche sul mestiere di teatrante, musica, gag, cabaret.
Uno spettacolo ricco e festoso, dove il vero protagonista è tutto quanto ruota attorno al “fare teatro”, e si dimostra – con musica e canzoni, mimica e improvvisazione, virtuosismi e battute – quante infinite sfumature, variazioni e significati possa assumere una frase, un gesto, una pausa, un silenzio. I mille colori del teatro.
E così sul palco, in due ore abbondanti di spettacolo (bis compresi) più intervallo di 15 minuti, si alternano momenti di puro divertimento, con barzellette recitate con tale maestria da farle diventare “pezzi d’autore”, ad altri più meditati e malinconici, come il monologo “Palla di vetro” dedicato a Stefano Cucchi. Il tutto con un costante e autentico coinvolgimento del pubblico: luci accese in sala, gli attori che vengono a stringere la mano, il pubblico che canta a piena voce, scambi di battute improvvisate con gli spettatori in prima fila… fino alla distribuzione di merendine e bevande durante l’intervallo perché «Siamo in un teatro senza il bar, è come stare in spiaggia senza il mare».
Sul finale, poi, ampio spazio ai virtuosismi musicali della band: Emanuele Dell’Acqua (chitarra), Alex Orciari (contrabbasso) e Stefano Bembi (fisarmonica) si lanciano in una versione western di “Ho visto un re” e accompagnano un poderoso Paolo Rossi nella struggente e malinconica “Saltimbanchi” di Enzo Jannacci…E il teatro non si tenta, e la vita non s’inventa. Saltimbanchi si diventa, si ma e poi…
Pubblico entusiasta, applausi calorosi, tre bis.
“ARLECCHINO”, di e con Paolo Rossi – Triennale Teatro dell’Arte, Viale Alemagna 6, Milano – Repliche fino al 31 gennaio e poi dal 17 al 22 febbraio