(di Marisa Marzelli) Campione d’incassi subito al debutto USA, 94% di gradimento sul sito specializzato RottenTomatoes, critiche osannanti. Ecco le credenziali dell’animazione Disney-Pixar Alla ricerca di Dory. Poche le opinioni dissonanti, anche se non prive di fondamento.
Cominciamo col dire che Alla ricerca di Dory è sia il seguito (l’azione è ambientata un anno dopo) dello splendido cartoon Alla ricerca di Nemo, vincitore dell’Oscar come miglior film d’animazione nel 2004, sia uno spin-off (i protagonisti sono gli stessi ma stavolta il focus non è sul piccolo pesce pagliaccio Nemo, persosi allora nell’oceano, ma sulla sua amica Dory). L’attuale film arriva però 13 anni dopo il primo, ancora diretto da Andrew Stanton, con la co-regia di Angus MacLane. La struttura e l’andamento narrativo sono esattamente uguali a quelli di Nemo, fatti salvi i miglioramenti tecnologici, che permettono oggi un’animazione ancor più perfetta.
Insomma, Dory è cinematograficamente più o meno un clone di Nemo, anche con singole inquadrature fotocopia (benevolmente interpretabili come omaggio al film originario).
Poco male, si dirà, perché i bambini più piccoli – ai quali è indirizzata l’opera per il valore pedagogico e i contenuti – ai tempi di Nemo non erano ancora nati e magari il film originale non l’hanno visto in DVD o Blue Ray, quindi per loro è del tutto originale. Però a stupire è l’entusiasmo (a)critico.
Su questo consenso quasi bulgaro – sebbene alla fine Dory dica (anche se con delicata leggerezza) poco di nuovo – un’idea ce l’avrei, ed è che i recensori adulti devono essere rimasti stregati dal roccioso messaggio “politicamente corretto” del nuovo prodotto Disney-Pixar. Perché l’intrepida pesciolina blu Dory è disabile (soffre di perdita della memoria a breve termine), come lo è Nemo (ha una pinna atrofizzata) e come lo sono, nel racconto, diversi altri animali, dalla balena-squalo miope al beluga con sonar difettoso, all’anatra spennacchiata.
Tutti in qualche modo menomati ma implacabilmente ottimisti e determinati.
Tutti animali antropomorfi generosi, altruisti, amichevoli. Contrapposti a pochi, molesti più che cattivi. Quanto agli umani del film, pur essendo messi in secondo piano, anche loro sono dalla parte dei buoni perché lavorano e agiscono in un Parco oceanografico californiano dove gli animali si curano, si tengono in quarantena e, se del caso, si restituiscono all’oceano. Insomma, ambientalisti convinti, con (nella versione italiana) testimonial Licia Colò, che fa da voce ufficiale del Parco, mentre nella versione inglese è l’attrice Sigourney Weaver, nota ecologista.
Siamo d’accordo che una favola sulla disabilità e l’ecologismo è meritevole, ma almeno le fiabe di una volta presentavano un lato oscuro e orrorifico prima di approdare al classico vissero tutti felici e contenti. Tanto più che nella realtà non viviamo oggi nel migliore dei mondi possibili.
Comunque sia, mentre la smemorata Dory naviga sulla barriera corallina con Nemo e suo padre Marlin, ha all’improvviso, come flash, un ricordo frammentario dei suoi genitori. Da qui l’impulso di andare a cercarli, insieme agli amici, disposti a darle una mano (o meglio una pinna). Sarà l’occasione per fare nuovi incontri con personaggi buffi ed accattivanti, come un polpo specialista nel mimetizzarsi; approdare all’istituto oceanografico e ritornare al mare con un picaresco viaggio. C’è dunque anche l’immancabile aspetto di racconto di formazione oltre alla celebrazione dei valori familiari e amicali.
Se, come detto, si possono avere riserve sulla scarsa originalità dell’impianto narrativo e sul mieloso contenuto (ci scappa anche la canzone Over the Rainbow, messaggio di speranza in origine cantato da Judy Garland ne Il mago di Oz), tecnicamente le immagini sono eccezionali e deliziose. In stato di grazia il doppiaggio italiano: su tutti, per ironia, varietà di toni e sfumature, la Dory di Carla Signoris, il Marlin di Luca Zingaretti e una simpatica tartaruga centenaria a cui dà voce Stefano Masciarelli.
Un consenso quasi bulgaro per “Dory”. Una storia di valori, di coraggio e di amicizia. E gli ambientalisti se la godono
17 Settembre 2016 by