MILANO, venerdì 17 maggio ► (di Carla Maria Casanova) – “Idomeneo” di Mozart, andato in scena alla Scala ieri sera (con successo) era preceduto da due edizioni cui tutti (o quasi) risalivano per i soliti paragoni. La prima era l’edizione 1990 diretta da Muti, con regìa di Roberto de Simone (ricostruzione mondo cretese, grandi navi, costumi storici). L’altra, del 2005, ripresa nel 2009, diretta da Harding, allestita in tutta fretta per la inaugurazione di stagione, sostituiva la “Così fan tutte”, programmata precedentemente da Muti (regìa minimalista di Luc Bondy, scena dominata da una gigantesca onda tipo tsunami).
I ricordi di quelle due produzioni si sovrapponevano e si confondevano. Meglio questo? Meglio quello? Fatica inutile.
Questo “Idomeneo”, diretto da Diego Fasolis, cast di prevalenza straniera, regìa di Matthias Hartmann, scene Volker Hintermeier, è, come di dovere, uno spettacolo tutto diverso. Sontuoso. La scena è sovrastata da una enorme, minacciosa barbarica testa di toro con ampissime corna, situata accanto a uno scheletrico scafo di nave. L’impianto, montato su larga piattaforma girevole, offre soluzioni in continuo movimento, giocate su travolgenti luci rosse e dorate. I costumi sono casacche e vesti senza tempo, come usa fare adesso in teatro. Su questo panorama scenico di indubbio fascino agisce purtroppo una regìa confusa, costruita su una gestualità anacronistica o inutile. Solo il coro ottiene alcuni effetti pregevoli. Le danze finali, molto lunghe, ma questo sta scritto nella partitura, coreografia di Reginaldo Oliveira decisamente moderna, sono un episodio a sé. Difficile inventare qualcosa di diverso.
“Idomeneo”, considerato capolavoro cruciale della storia del melodramma, è l’opera in cui il venticinquenne Mozart fa coinvolgere le sue esperienze italiane, francesi e tedesche e nella quale costruisce un nuovo linguaggio drammatico attraverso spericolati ruoli vocali. Lo stesso coro, direi protagonista assoluto, è spesso chiamato a partecipare attivamente all’azione (come quando interviene per commentare lo sgomento di Idomeneo per dover sacrificare il proprio figlio). A tale compito il Coro scaligero, istruito da Bruno Casoni, ha risposto con una delle sue solite meravigliose prestazioni.
Idomeneo è la prima grande opera seria di Mozart, e il giovane compositore si impegna a seguire il percorso psicologico dei suoi personaggi, implicati quindi nella interpretazione del testo parlato oltre che nel canto, spesso virtuosistico.
La storia è farraginosa e complessa. Tutto parte da una di quelle promesse insensate tipiche del sesso maschile, vedi l’offerta di metà del proprio regno, come fa il libidinoso Erode a Salomé, con il risultato di doverle poi servire la testa di Giovanni Battista su un piatto d’argento (mai sentito di una donna incorsa in simile scemenze?). Qui è Idomeneo che, sorpreso in mare da una tempesta, per salvarsi la pelle fa voto a Nettuno di sacrificare la prima persona che incontrerà appena sbarcato (bella forza!). Ovviamente succede che tale prima persona sia suo figlio. Inizio di tutte le miserie.
Siccome però qui tutti i personaggi (tranne l’esagitata Elettra) sono persone abitate dai più nobili sentimenti, finisce che c’è addirittura una gara per chi deve essere sacrificato. Uccidi me! No, non lui, prendi me ecc. Tanta abnegazione tocca il cuore di Nettuno il quale rinuncia alla sua vittima, sistema la successione regale, benedice la coppia ereditaria e tutto finisce in gloria. Eccetto per Elettra, che se ne va come una Furia dopo l’ultima aria impervia, fatta segno del più grosso applauso della serata. A cantarla Federica Lombardi, ex vincitrice AsLiCo, ex allieva dell’Accademia di perfezionamento della Scala, Premio Franco Abbiati della critica come miglior cantante 2018, specializzata nel repertorio mozartiano (come tutto il cast). Federica Lombardi, indiscussa trionfatrice della serata.
Bernard Richter, Idomeneo, dalla voce grande e gradevole, ha dato una interpretazione esemplare. Accuratissima la dizione.
Michèle Loisier (Idamante) e Julia Kleiter (Ilia) corrette senza particolare smalto.
Da segnalare i ruoli minori: Arbace (il bravissimo Giorgio Misseri, applauso a scena aperta nella sua aria del secondo atto); il Gran Sacerdote (Kresimir Spicer, glorioso nel suo pur breve intervento).
In perfetto assetto pure “la Voce” (si suppone di Nettuno) di Emanuele Cordaro, fatta arrivare dal palco reale per dare la sua decisiva paterna benedizione a tutti quanti.
Sul podio Diego Fasolis, specialista del genere, il quale (Fasolis) spiega: «L’orchestra della Scala suona su strumenti “moderni”, ma è chiaro che si sente il profumo del lavoro che da qualche anno si sta facendo su strumenti originali e con prassi “storicamente informate”». Direzione ricca di sfumature cromatiche e timbriche.
Teatro esaurito nonostante il titolo non popolare e lo spettacolo lunghetto: tre ore e 15 minuti, con un intervallo.
Successo caloroso.
Teatro alla Scala. “Idomeneo” di W.A.Mozart- Repliche 19, 22, 25, 29 maggio 1, 4, 6 giugno.
Infotel: 02 72 00 37 44
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