Un film per le feste, che incanta grandi e piccini. E lo merita. Clifford, un cagnone che ingigantisce, quanto più è amato

(di Marisa Marzelli) Il binomio di successo cani/bambini non si smentisce nemmeno in Clifford: il grande cane rosso, piacevole favola di sapore natalizio realizzata in live action e animazione. Cioè, mentre il resto del film si sviluppa con attori e ambientazione reali, l’animale del titolo è creato in CGI (immagini generate al computer) e interagisce con il cast.
Film per famiglie, tradizionale nell’impostazione narrativa, non manca di elementi d’interesse a più livelli. La storia, tratta da una collana di libri scolastici del fumettista e scrittore americano Norman Bridwell, scomparso a 86 anni nel 2014, è ben nota ai giovani anglofoni ma meno da noi, a parte il passaggio in tv di una serie poco vista.
È il racconto della dodicenne Emily, che vive a New York con la madre single. La ragazzina frequenta con una borsa di studio una scuola prestigiosa, ma si sente triste, isolata e bullizzata dalle altezzose compagne ricche. Mentre la madre è fuori città per lavoro, Emily, con uno zio pasticcione che le fa occasionalmente da baysitter, s’imbatte in un anziano misterioso (l’ex Monty Python John Cleese), che le regala un minuscolo cucciolo rosso, asserendo che crescerà tanto quanto sarà l’affetto che saprà donargli la padroncina. E l’affetto sarà proprio tanto, perché al risveglio, il mattino dopo, il cane è alto quasi tre metri, troppo per il minuscolo appartamento. Da qui, un turbine di buffe avventure che travolgono Emily, lo zio casinista e il cane gigante con il coinvolgimento del multietnico vicinato, di forze dell’ordine, troupe televisive e del cattivo di turno, a capo di una azienda specializzata in esperimenti genetici per ingrandire gli animali, che vuole ad ogni costo impadronirsi del cane.
Diretto con mano svelta da Walt Becker, già regista di Alvin superstar-Nessuno ci può fermare, quarto titolo della serie Alvin (sempre un lavoro in live action e computer grafica), negli Stati Uniti Clifford si è rivelato un successo imprevisto. Costato circa 64 milioni di dollari, è uscito qualche settimana fa sia al cinema che sulla piattaforma in streaming, ma si è capito subito che il riscontro nelle sale sarebbe stato superiore al previsto. Al punto che la casa di produzione Paramount Pictures ha subito deciso di mettere in cantiere il sequel, con la speranza di avviare uno nuovo franchising.
Cosa possa aver incantato tutto il pubblico, anche quello adulto che accompagna figli e nipoti al cinema, è difficile dire; probabilmente si tratta di un mix di qualità formali e contenutistiche. Clifford sfoggia una trama lineare ma non banale, ritmo incalzante, empatia, qualche battuta irresistibile, buon livello della recitazione e della fotografia, buona resa tecnica (anche se è difficile nell’animazione rendere naturali e credibili i cani, figuriamoci in questo caso, con il protagonista che non ha nemmeno dimensioni reali).
Sul piano contenutistico, la morale della favola a portata di bambino promuove valori come la ricerca della serenità negli affetti in modo semplice e simpatico ma al contempo, su un altro livello a misura di adulto, emerge senza pedanteria e con intelligenza e umorismo un frastagliato discorso sulle diversità. È un diverso il cane, così rosso e così fuori taglia; è diversa la bambina, non di famiglia abbiente ma calata in una realtà scolastica di figli di papà; è tutta una diversità il mondo di chi interagisce con i protagonisti, dai negozianti latinos allo scorbutico portinaio nero, al milionario cinese padre di un bambino timido ma determinato. Diversità e ricerca di equilibrio tra tante differenze, amalgamate da un tour a rotta di collo tra i quartieri così antitetici della Grande Mela: da Harlem a Manhattan.
Quanto al cast, oltre al già citato John Cleese in poco più di un cameo (ma sufficiente per evocare lo spirito pungente di quel che furono i britannici Monty Python) se la cavano bene la Emily di Darby Camp, con già all’attivo vari film e cinque serie televisive (tra cui il recente successo Big Little Lies – Piccole grandi bugie, con Reese Witherspoon, Nicole Kidman, Meryl Streep) e anche l’attore inglese Jack Whitehall, nei riusciti panni del giovane zio con la vocazione del Peter Pan che si rifiuta di crescere ma, in fondo, con un grande cuore.