Un godibile, affettuoso (e impietoso) lavoro sulla Francia multietnica. Ma l’integrazione rimane solo un bel sogno

(di Emanuela Dini) – Un film ironico, coraggioso, delicato e provocatorio, una commedia ben scritta e ben recitata, ritratto fedele di una Francia multietnica, dove l’integrazione è più a parole che nei fatti, “Una classe per i ribelli” (traduzione infelice del titolo originale “La Lutte des Classes”, che è un indovinato gioco di parole tra “lotta di classe” e “lotta delle classi”, nel senso di classi scolastiche) è un film francese che più francese non si può e che dei cugini d’Oltralpe fa un ritratto affettuoso e impietoso allo stesso tempo.
La trama in sé è esigua. Una coppia mista dalle idee progressiste, lui francese, lei pure, ma di origine magrebina, quelli che in Francia si definiscono bobos, ovvero bourgeois-bohèmiens, il corrispondente dei nostri radical-chic, benestanti con cuore a sinistra e portafoglio a destra, decide di trasferirsi dal quartiere-bene di Parigi alla periferia di Bagnolet per fare crescere il figlioletto di 8 anni in un clima multietnico e per mettere in pratica le proprie idee di eguaglianza, laicità, multiculturalità, integrazione eccetera eccetera. Da qui un dipanarsi di situazioni dipinte sempre con garbo, ironia e rispetto, ma anche con grande realismo e con irresistibili prese in giro degli stereotipi di una scuola laica e politically correct, dove durante le esercitazioni antiterrorismo (il film è stato girato nel 2015, subito dopo gli attentati a Charlie Hebdo) non si può pronunciare la parola “terrorista”, ma si deve parlare di “elemento intrusivo” e dove tutte le perifrasi e gli atteggiamenti della nuova pedagogia sono ridicolizzati e annullati, dai bambini per primi.
La presa in giro e lo sguardo disincantato del regista Michel Leclerc partono dall’identikit della coppia, dove lui è un musicista punk di mezza età che non ha avuto successo e fa il casalingo e lei è un avvocato di successo che viene promossa non solo per le sue abilità professionali ma anche in quanto magrebina, per dare lustro all’immagine di apertura e valorizzazione della “diversità” dello studio legale dove lavora; per poi transitare dal vicino di casa ebreo superortodosso che durante lo Shabbat, cioè dal tramonto del venerdì e per 25 ore, non può spostare l’automobile parcheggiata davanti alla porta dei vicini; fino ai tentativi falliti di socializzare con i genitori musulmani dei compagni di scuola del figlio.
Gli ideali di diversità e i sogni di integrazione sembrano scontrarsi con una realtà di identità etniche molto radicate e orgogliosamente rivendicate, e il sogno di una scuola pubblica, laica e rispettosa si frantumano negli episodi di bullismo contro il ragazzino “bianco fragile”, che diventa l’emarginato in minoranza.
Un film godibilissimo, girato nel nome del rispetto, con una sobria eleganza formale, una grande attenzione ed empatia verso il mondo dei bambini, un ritratto dolceamaro di un regista che confessa «La mia generazione, cresciuta negli anni Ottanta, ha trascorso tutta la vita a essere delusa dalla sinistra…» e che non ha avuto altra scelta che proporre un finale a metà tra una favola e un sogno.

“Una classe per i ribelli” (La Lutte des Classes), un film di Michel Leclerc, con Leïla Bekhti, Eduard Baer, Ramzy Bedia, Baya Kasmy e Tom Levy – Durata 104 minuti. Al cinema dal 22 ottobre.