MILANO, mercoledì 21 novembre ► (di Paolo A. Paganini) A parte i giovani “indigeni”, già civilizzati per nascita, educazione, cultura, inseriti e integrati, fin dal loro concepimento, a un destino di certezze, evoluto, emancipato e garantito, tutti gli altri sono degli immigrati.
I padri, i vecchi, sono come degli immigrati, diventati stranieri, condannati ad archetipi sorpassati, in una patria che non riconoscono più, che non capiscono più.
I giovani, protagonisti, hanno subito assimilato nuovi linguaggi, hanno DNA già attrezzati a un’esistenza tecnologica, uniformati a un universo di nuovi valori, di altri modelli morali.
I vecchi, cioè i padri, con i loro fagotti di valori sorpassati, con le loro nostalgie antiquariali, con i loro idoli già morti in loro, nelle loro anime rattrappite, sono come fuggiti da un mondo sommerso, come immigranti su traghetti gonfi d’illusioni, in tragiche traversate, senza più speranze. Si erano lasciati alle spalle insopportabili provincialismi e analfabetismi intellettuali, credevano di fondare o di trovare un mondo luminoso d’arte poesia sogni e certezze. Ed hanno trovato una terra desolata, travolta dallo tsunami di nuove barbarie.
Ed ora, per quel nuovo mondo ch’essi stessi avevano cercato e propiziato, vanno alla questua d’una parola buona o di un gesto di comprensione da chi una volta chiamava fratelli o, umiliandosi, tendono la mano a figli che non vedono, che non capiscono, così storditi nelle loro chimere virtuali.
Tutto questo pensavamo – ah, la magia del teatro – assistendo a “Fragile”, della quarantunenne scrittrice croata, nata a Zagabria, Tena Štivičić, che originariamente ha scritto la premiatissima pièce in lingua inglese, nel periodo in cui s’era laureata all’Università di Londra, dove ora vive e lavora.
Al Teatro Filodrammatici, in un’ora e cinquanta senza intervallo, narra i problemi di alcuni giovani immigranti di nazionalità diverse, che ora sono finalmente giunti a Londra, fuggendo da guerre, violenze e disagi sociali. Sradicati, ma non dimentichi della loro patria perduta. Ora vivono infelici storie di disadattati, smarriti nella loro perduta personalità, eppure, tra miseri pub della squallida periferia londinese, sono sicuri di trovare un più dignitoso e più felice cambiamento di vita, una loro nuova e accettata identità. Sono tutti slavi, comunque dell’Est. E non sono dei miserabili, ma anzi nobilitati da sogni di successo e non sprovvisti di buona volontà e di spirito di sacrificio.
C’è la giovane croata Mila (Valentina Sichetti), che sogna di diventare attrice di musical, ma che, nel frattempo, canta e balla nel club di Michi (Emanuele Arrigazzi), un bulgaro idealista e trafficone. E poi Marko (Edoardo Barbone), un ragazzo serbo che fa il barista ma che anche lui sogna il mondo dello spettacolo. E, via via, il tormentato giornalista Erik (Umberto Terruso), Gayle, appassionata di belle arti e nel frattempo assistente sociale di rifugiati (Denise Brambillasca), Tiasha, dall’oscuro passato (Gaia Carmagnani) e l’umile ma dignitosa donna delle pulizie Marta (Ilaria Longo).
Quasi tutti usciti dall’Accademia del Filodrammatici, e fondatori, da qualche mese, della nuova Compagnia Caterpillar, formano un ambizioso e meritorio sodalizio artistico, che li vede in scena in una prova di generosa professionalità, individuale e collegiale.
Più commedia brillante che non fosca tragedia, “Fragile” diverte, pur nella sua frammentata disomogeneità drammaturgica. E i disinvolti e simpaticissimi interpreti possiedono una convincente abilità professionale. Bravi. Eppure stupisce che i loro vecchi insegnanti e il regista dell’attuale allestimento (Eugenio Fea) non abbiano curato, con maggiore impegno ed attenzione, l’uso della voce, che spesso si riduce a dialoghi di borbottosa incomprensibilità. C’è rimedio.
Il testo ha un impatto vigorosamente letterario, ma – come detto all’inizio – si presta a non gratuite e sensibili considerazioni sociali e psicologiche, soprattutto per il comune sentimento, oggigiorno, di sentirsi spesso come diversi in terra straniera, in una società contemporanea che sembra avere smarrito antichi rassicuranti confini, così lacerata da incomprensioni culturali ed etniche, dalle crisi di istituzionali: dalla scuola alla religione, dall’arte ai dilaganti comportamenti d’inciviltà, dal becerume televisivo alla perdita della professionalità nelle sue varie accezioni, dal giornalismo, alla sanità, alla politica.
E, per tutto ciò, siamo grati a Tena Štivičić e ai giovani interpreti di “Caterpillar”, di aver qui dimostrato, con “Fragile!”, che è vero: viviamo, da indigeni o da stranieri, in un mondo “fragile”, sì. Ma forse non ancora in frantumi.
“Fragile!” di Tena Štivičić, traduzione Bruno Fornasari. Con Emanuele Arrigazzi, Edoardo Barbone, Denise Brambillasca, Gaia Carmagnani, Ilaria Longo, Valentina Sichetti, Umberto Terruso. Regia Eugenio Fea. Repliche fino a domenica 2 dicembre. Al Teatro Filodrammatici, Milano.
Tel. 02 36727550
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